THE SHADOWS
Ho deciso di riproporre come l’anno scorso la
traduzione di alcuni capitoli del nuovo libro della Ward con protagonisti Trez
e iAm, fino all’uscita della traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e
prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché
era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto
modi di dire.
CAPITOLO II
LA TANA, MAGIONE DELLA CONFRATERNITA
Rhage alzò lo sguardo dalla copia del Caldwell Courier Journal che stava leggendo. La prospettiva offerta dal divano in pelle di V e Butch concedeva più visuale di quanta ne desiderasse di un Lassiter a torso nudo che giocava da solo.
Rhage alzò lo sguardo dalla copia del Caldwell Courier Journal che stava leggendo. La prospettiva offerta dal divano in pelle di V e Butch concedeva più visuale di quanta ne desiderasse di un Lassiter a torso nudo che giocava da solo.
Giocava...
al biliardino.
L'angelo
caduto si impegnava al tavolo di V come un professionista, teletrasportandosi
avanti e indietro tra i due lati – e insultandosi ad alta voce da solo.
“Domanda”
mormorò Rhage, sistemandosi la gamba ferita. “Le tue due personalità sono
consapevoli che sei un fottuto schizofrenico?”
“Tua madre è
talmente stupida”, Lassiter si smaterializzò e riprese forma al lato più
lontano, facendo roteare le aste del biliardino, “da pensare che una sventola
che vale un bel 10 sia un qualcosa da digitare con un telefono.”
V si avvicinò
e si stravaccò sul divano.
“È disordine da personalità multipla, Hollywood. Non schizofrenia.”
“È disordine da personalità multipla, Hollywood. Non schizofrenia.”
Il Fratello
mise un porta-tabacco in cuoio e un pacchetto di cartine sopra alla pila
di Sports Illustrated, proprio mentre Lassiter esplodeva in un urlo
di trionfo.
“Oh, guarda,”
esclamò V sotto voce. “L'idiota sta vincendo finalmente.”
Rhage
brontolò, cercando di trovare una posizione migliore per la sua gamba. Lui e V
avrebbero dovuto essere fuori a combattere, solo che un lesser aveva
deciso di impersonare Gordon Ramsey su di lui tagliuzzandolo con un coltello
arrugginito, mentre V aveva una ferita da arma da fuoco che gli aveva
trapassato la spalla sinistra.
Almeno
entrambi sarebbero tornati operativi entro ventiquattrore, soprattutto grazie a
Selena. Se lei non fosse stata così generosa con la sua vena, non sarebbero riusciti
a guarire così in fretta, specialmente se si considerava che nessuna delle loro
compagne era in grado di soddisfare i loro fabbisogni nutrizionali in quel
senso.
Ma, cavolo,
che schifo, starsene seduti come una coppia di storpi.
E in più
c'era il fattore Lassiter.
La Tana era
per lo più come era sempre stata: piena di borsoni da palestra, stereo e
attrezzature per computer, quel tavolo da biliardino, e un televisore grande
quanto un parco cittadino. Era sintonizzato su Sports Center e mandava un
servizio sul football universitario insieme alla NFL; c'erano bottiglie vuote
di Grey Goose ovunque; e il guardaroba di Butch ormai stava straripando nel
corridoio. Oh, e già, “Hell of a Night” degli Schoolboy Q pompava dagli
altoparlanti.
Ma non era
più un rifugio esclusivamente per scapoli. Nell'aria aleggiava il profumo
caratteristico di Marissa – qualcosa di Chanel? - e la borsa da medico della
dottoressa Jane era sul tavolino da caffè.
E quelle
bottiglie vuote di vodka? Svuotate solo quel pomeriggio e quella sera, e V
avrebbe dato una ripulita prima di andarsene a dormire. E poi c'erano le
riviste del Journal of the American Medical Association e varie
copie di People.
Oh, e la
cucina era pulita, con della frutta fresca in una ciotola e un frigorifero
pieno di roba, oltre agli avanzi di Arby e porzioni di salsa di soia.
Rhage si era
immerso in quella pozza ghiacciata non appena era entrato nella stanza,
sgraffignando quasi due chili di gelato alla menta con scaglie di cioccolato.
Questo era successo circa mezz'ora prima, e ora avvertiva di nuovo un certo
languorino. Forse era il momento di tornare alla magione...
Quando “Holy
Ghost” di Jeezy partì alla radio, Lassiter iniziò a rappare.
A rappare.
“Perché lo
hai invitato?” chiese Rhage, proprio mentre V tirava fuori la lingua per
richiudere una delle sue sigarette rollate a mano. “E Gesù, quando diavolo ti
sei fatto quel piercing?”
“Non l'ho
invitato. Ci ha seguiti nel cortile. E un mese fa.”
“Perché te
lo saresti fatto?”
V gli scoccò
un sorriso diabolico dall'altro lato del divano, le palpebre basse sugli occhi
di diamante. “A Jane piace.”
Rhage tornò
al suo giornale. “Tutte cazzate, fratello.”
“Vuoi dire
che non lo avresti fatto se Mary te lo avesse chiesto?”
“Doc Jane te
lo ha chiesto? Come se il pizzetto non fosse una schifezza sufficiente
su quella tua boccaccia? Andiamo.”
Tutto ciò
che ottenne fu un altro di quei sorrisi.
“Cambiando
argomento...” Rhage si concentrò sull'oroscopo. “Okay, allora di che segno sei,
Lassiter?”
“Io sono
favoloso”, l'angelo caduto saettò dall'altro lato, “col sole nel quadrante
Baciami Il Culo. E prima che tu me lo chieda un'altra volta, io sono stato
creato, non sono nato, perciò non ho una data di nascita.”
“Te ne darò
una di morte” tagliò corto V.
“E che ne
dici di una camicia?” Rhage voltò alla pagina successiva. “Solo una camicia. Ti
ucciderebbe metterti qualcosa addosso, angelo? Nessuno scalpita per vedere
quella roba.”
Lassiter
mise in pausa il gioco... e poi iniziò a imitare Channing Tatum contro il
tavolo, tutto stile Magic Mike mentre gemeva come se stesse avendo un orgasmo.
V si coprì
gli occhi. “Non avrei mai pensato di pregare per la cecità.”
Rhage
arrotolò il giornale e lo lanciò contro Lassiter. “Oh, andiamo, coglione!
Vorrei usarlo anch'io quel tavolo ogni tan…”
Il telefono
di Rhage ebbe un attacco di convulsioni, vibrando contro le sue chiappe finché
non si inclinò di lato per estrarlo dalla tasca posteriore dei pantaloni di
pelle. «Sì» rispose senza guardare il numero.
La voce di
Trez era bassa. “Ho un problema.”
“Che
succede?”
“Un lesser fuori
gioco nel mio club. Ho già ripulito le menti dei miei buttafuori, in
particolare quello che ha combattuto contro di lui, ma la situazione non
reggerà.”
Rhage scattò
in piedi. “Arriviamo entro cinque minuti.”
“Grazie,
amico.”
Chiudendo la
chiamata, Rhage annuì verso V. “Andiamo, lo so che siamo in panchina, ma non
c'è da combattere.”
“Non devi
chiedermelo due volte. Dove andiamo?”
Lassiter si
raddrizzò dai suoi strofinamenti. “Si va in gita!”
“No …”
“No …”
“Posso
essere utile quanto decorativo, sapete?”
V iniziò ad
armarsi, fece una smorfia quando si agganciò la fondina del pugnale e ci infilò
dentro un paio di lame affilate e lucenti, i manici rivolti verso il basso. “Dubito
che ci servirà un ariete per entrare.”
“Magari
avremo fortuna.” Rhage si diresse alla porta. “Ma non ci scommetterei.”
“Non voglio
rimanere qui da solo...”
“E non sei
poi così decorativo, angelo.”
Fuori, la
notte parlava dell'autunno, la fredda e frizzante aria settembrina faceva
fremere le narici di Rhage e la sua bestia sgroppava sotto la pelle mentre
attraversava il cortile fino alla grande entrata di pietra della magione.
Cavolo, non
vedeva l'ora che la sua Mary tornasse a casa dal suo lavoro al Rifugio Sicuro.
Con tutti
quei discorsi su lingue e femmine a cui piacevano in certi posti - okay, erano
state solo tre frasi, ma erano più state più che sufficienti – aveva i
pantaloni più stretti.
Dieci minuti, due calibro 40, un paio di pugnali e un metro di catena dopo, Rhage si smaterializzò con V fino al quartiere dei macelli di Caldwell, entrambi ripresero forma dall'altro lato della strada rispetto al nuovo locale di Trez. Lo shAdoWs si trovava in un magazzino ristrutturato e, come con tutti gli altri locali delle Ombre, c'era una coda che serpeggiava lungo tutto il quartiere, umani in piedi come mucche che attendevano di entrare in una stalla per nutrirsi. La musica che rimbombava, le luci che lampeggiavano e i raggi laser che attraversavano i mille pannelli di vetro, facevano apparire l'edificio alto tre piani un trip psichedelico intrappolato sotto un tetto di latta.
Dieci minuti, due calibro 40, un paio di pugnali e un metro di catena dopo, Rhage si smaterializzò con V fino al quartiere dei macelli di Caldwell, entrambi ripresero forma dall'altro lato della strada rispetto al nuovo locale di Trez. Lo shAdoWs si trovava in un magazzino ristrutturato e, come con tutti gli altri locali delle Ombre, c'era una coda che serpeggiava lungo tutto il quartiere, umani in piedi come mucche che attendevano di entrare in una stalla per nutrirsi. La musica che rimbombava, le luci che lampeggiavano e i raggi laser che attraversavano i mille pannelli di vetro, facevano apparire l'edificio alto tre piani un trip psichedelico intrappolato sotto un tetto di latta.
Quando i due
si incamminarono verso il retro, si voltarono molte teste, ma chi se ne
fregava. Le donne umane avevano un talento per notare i vampiri – forse era una
questione ormonale; forse era merito della pelle nera.
Di certo non
era quel pizzetto. Andiamo, su.
E sì, c'era
stato un tempo in passato in cui avrebbe approfittato di quelle merci sospette,
ma ora non più. Aveva la sua Mary e lei era più che sufficiente per lui. V
provava lo stesso per la sua Jane.
Beh, Jane
con aggiunta di a una “salutare” dose di frustini e catene.
Psicopatico.
L'entrata
sul retro del club aveva una doppia porta a tripla mandata a uso esclusivo del
personale, e c'era ovviamente una telecamera di sicurezza da qualche parte,
visto che nell'istante in cui si avvicinarono un buttafuori aprì la porta.
“Voi
siete...?”
“Già.” V
entrò senza invito. “Dov'è Trez?”
“Da questa
parte.”
Corridoi
bui. Umani storditi e ubriachi. Prostitute tettone. Ed ecco Trez, in piedi
fuori una porta nera, sotto una luce nera.
L'Ombra
faceva la sua figura, persino a una distanza di quasi dieci metri. Era alto e
al posto del torace aveva un triangolo rovesciato, le spalle larghe e massicce
si stringevano scivolando verso una vita stretta, con le cosce spesse e le
gambe lunghe a sostenere tutto l'insieme. La sua pelle era del colore del
mogano del tavolo da pranzo della magione, i suoi occhi neri come la notte, i
capelli rasati fino a formare solo un accenno sul cranio. Ma tutto questo era
solo una bella vetrina.
La verità
era che Trez era una merce molto più pericolosa di qualsiasi cosa si potesse
comprare a una fiera d'armi.
Le Ombre
erano letali, capaci di trucchi che perfino i membri della Confraternita ne
erano impressionati – e la loro specie di solito se ne stava per conto suo,
rimanendo nel territorio della s'Hisbe, molto distante dalla città. Trez e suo
fratello, iAm, erano l'eccezione a quella regola.
Un qualcosa
che aveva a che fare con Rehvenge. Non che Rhage lo avesse mai chiesto.
“Dov'è?”
chiese V, dando il cinque all'Ombra.
“Qui dentro.”
Rhage fece
lo stesso, salutando l'Ombra con un abbraccio virile. “Come butta?”
“Ci è
capitata una complicazione.” Trez fece un passo indietro e aprì la porta. “E non
del genere che pensate voi.”
L'assassino
“morto” si muoveva sul pavimento, dimenando braccia e gambe lentamente. Quei
cosi erano rotti in diversi punti, un piede puntava nella direzione sbagliata,
un gomito era inclinato in un angolo del tutto scorretto. C'era anche un bel
po' di gocciolio in atto, sul pavimento c'era una pozzanghera piena dell'oleoso
sangue nero dell'Omega.
“Bel
lavoretto” commentò Rhage, tirando fuori dalla giacca e poi scartando un
Tootsie Pop all'uva. “È stato il buttafuori?”
“Big Rob.”
Trez allungò la mano. “Ed ecco qui la complicazione.”
Al centro
del suo palmo c'era un mucchietto di banalissimi pacchetti di droga…
Aspetta un
momento.
V li prese
con la mano guantata. “Proprio come quelli che hai dato a Butch, giusto?”
“Esattamente.”
“Sì, questo
è spaccio.”
“Questa
merda non era mai saltata fuori prima d'ora?”
“Butch ha
parlato con Assail, e Assail ha negato, negato, negato di essere in affari con
loro. Ed è finita lì. Con null'altro su cui lavorare, avevamo altre priorità,
mi capisci?”
Rhage
addentò il cuore di cioccolato del Tootsie Pop, chinandosi in avanti e
ponendosi delle cazzo di domande tra sé e sé. La droga era marchiata con un
timbro rosso... con il simbolo che nell'Antico Idioma indicava la parola morte.
Il chrih.
Assail
sarebbe finito nella merda sul serio se sfruttava il nemico per far arrivare la
sua roba per le strade.
V si passò
la mano libera tra i capelli neri. “Ora capisco perché non hai rispedito questo
coso all'Omega con una pugnalata.”
“Il mio
buttafuori ha detto che l'assassino è entrato insieme alla folla e si è
lavorato la gente in giro, vendendo un po' per volta. Gli è stato chiesto di
andarsene, lui ha discusso, ha attaccato e poi è arrivata l'ora della nanna,
quando Big Rob si è occupato della questione. È la prima volta che questo lesser in
particolare si è visto in giro, ma la cosa non dice molto, perché oggi è la
serata di apertura. La morale della storia, però, è che non permetto alla gente
di spacciare nel mio locale, che siano umani o altro. Non mi va di trovarmi
sulla lista delle cose da fare del Dipartimento di Polizia di Caldwell più di
quanto non ci siamo già...”
Mentre i due
continuavano a parlare, Rhage succhiò il bastoncino bianco fino a ripulirlo e
si ritrovò ad analizzare l'Ombra.
Interrompendo
la conversazione, chiese, “Perché non ti fai più vedere all'Ultimo Pasto?”
Lo sguardo
duro come il diamante di V si spostò su di lui. “Fratello, concentrati.”
“No, dico
sul serio.” Appoggiò il fianco contro il muro nero. “Che succede, Trez? Voglio
dire, il nostro cibo non è abbastanza buono per te?”
Una
schiarita di gola molto rivelatrice da parte dell'Ombra. “Oh, no, sì, è solo
che io... sono occupato, sapete. Ad aprire il locale...”
“E quando ti
sei nutrito l'ultima volta?” chiese Rhage a Trez. “Stai una merda.”
Vishous alzò
le mani. “Hollywood, hai intenzione di …”
“Sai, ho
bevuto da Selena stasera e il suo sangue è eccezionale …”
Accadde
tutto così in fretta. Un attimo prima V stava sproloquiando con lui sul fatto
che l'Ombra avesse davvero bisogno di attaccarsi a una vena.
Quello
successivo, le enormi mani di Trez erano serrate attorno al suo collo,
bloccandogli anche il minimo accesso d'aria - mentre ringhiava a zanne scoperte
come se Rhage fosse il suo nemico.
In un
istante, e a dispetto della brutta ferita alla spalla, Vishous contrattaccò
l'Ombra, aggredendolo con un body slam mentre Rhage afferrava quei polsi spessi
per liberarsi dalla morsa. Assurdo da pensare, ma non servì a nulla. Anche coi
quasi 140 chili di V, che provava a tirar via Trez, e la resistenza alla
trazione di Rhage, l'Ombra si mosse a malapena, per la serie sono-una-parete-di-mattoni-e-non-vado-da-nessuna-parte.
E dopo tutti
e tre ebbero qualcosa di cui preoccuparsi sul serio.
Rhage chiuse
le palpebre, e quando aprì gli occhi, una luce brillante inondò l'angusta e
scura camera del sesso.
“Cazzo,”
esclamò V a denti stretti. “Mollalo subito, Trez, cazzo! Siamo nei casini!”
Sotto la
pelle di Rhage, la bestia prese vita, risvegliata dal pericolo mortale.
“Trez!
Lascialo andare!”
Qualcosa penetrò
nella mente dell'Ombra … difficile dire se fosse stata quella luce, o il fatto
che i lineamenti di Rhage stavano iniziando a mutare… e allentò leggermente la
presa.
V prese il
comando, lanciando l'Ombra sul pavimento scivoloso e saltandogli addosso, il
pugnale nero nella mano direttamente contro la giugulare.
Accasciandosi
con un'imprecazione, Rhage tossì e fece un paio di respiri profondi. Merda. La
sua bestia aveva un temperamento esplosivo persino in una nottata tranquilla,
dopo aver fatto un bello spuntino, una bella scopata e un bel po' di esercizio.
Ma quando qualcuno cercava di ucciderlo?
Anche se ci
fosse stato un motivo dannatamente valido per ucciderlo?
Era chiaro
che l'Ombra si era legato all'Eletta. Perché quella reazione recava la firma
ormoni maschili dappertutto.
“Mi dispiace”
balbettò Trez. “Non so cosa mi sia preso. Lo giuro sulla vita di mio fratello.”
“Perché non
ci hai” … Rhage balbettò sulle sue stesse parole … “detto che ti sei legato a
lei?”
Ci fu una
pausa. Poi Trez disse, “Io... merda.”
V ci
aggiunse una serie di imprecazioni. “Hai intenzione di fare il bravo, Ombra, o
devo aprirti la gola con il coltello?”
“Sto bene.
Giuro.”
Un attimo
dopo, V si avvicinò a Rhage. “Rhage...? Fratello?”
Rhage si
coprì il viso con le mani e si lasciò scivolare giù lungo il muro passando
dalla posizione verticale a quella col culo per terra. Inspira. Espira.
Inspira. Espira.
Avevano già
un lesser nel club.
La sua
bestia era l'ultimo genere di cliente di cui avevano bisogno.
Inspira.
Espira …
“Che problema ha?” chiese Trez.
“Che problema ha?” chiese Trez.
“Non
diventare mai aggressivo con quel figlio di puttana” fu l'ultima cosa che Rhage
sentì prima che il mondo svanisse come fumo nell'aria.
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