THE KING
Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e
prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché
era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto
modi di dire.
Questa è la copertina
del mio libro
CAPITOLO
VII
Paragrafo
I
Assail
uccise il quarto umano un istante dopo aver sillabato il numero tre.
E che la
Vergine Scriba l'aiutasse, stava morendo dalla voglia di far fuori l'ultimo del
trio a essere arrivato con tanta sollecitudine. Voleva piazzargli un proiettile
nell'addome e vederlo contorcersi e soffrire sul vialetto d'accesso. Voleva
controllare il moribondo e respirare l'odore di sangue fresco e di dolore.
Infine voleva prendere a calci il cadavere quando tutto sarebbe finito. Forse
anche dargli fuoco.
Ma Ehric
aveva ragione. Chi avrebbero interrogato, poi?
“Tenetelo,”
ordinò, indicando con un cenno l'ultimo maschio umano.
Il fratello
di Ehric fu più che felice di imporsi, avvicinandosi di un passo e passando un
braccio attorno al collo spesso. Con uno strattone violento, fece piegare
l'uomo all'indietro.
Assail si
avvicinò alla sua preda, aspirando una boccata di fumo e la soffiò in faccia
alla guardia del corpo.
“Gradirei
avere accesso a quel garage.” Si diresse verso la dépendance, pensando che
potessero tenere lì Sola. “E tu farai in modo che diventi possibile. O che tu
fornisca la chiave o che i miei soci usino la tua testa come un ariete.”
“Non so dove
sia! E che cazzo! Fanculo!” O qualcosa che suonava allo stesso modo. Le parole
erano strozzate.
Che
linguaggio sboccato. Inoltre, visto il profilo del sopracciglio del Cro-Magnon
a forma di crinale, si poteva presumere che parlava davvero poco in termini di
più importanti argomentazioni.
Fu facile
ignorare tutto quel mormorio.
“Ora, ci
fornirai una chiave, un telecomando... oppure un pezzo del tuo corpo?”
“Non lo so!”
Beh, ho io la risposta, pensò Assail.
Rigirandosi
il sigaro tra le dita, fissò la punta incandescente per un momento. Poi
l'avvicinò a pochi centimetri dalla guancia dell'uomo.
Assail
sorrise. “È un bene che il mio socio ti tenga stretto. Un movimento sbagliato
e...”
Premette la
punta infuocata sulla pelle dell'uomo. Immediatamente, un urlo risuonò nella
notte, facendo sobbalzare gli animali che albergavano nel sottosuolo, e facendo
fischiare le orecchie di Assail fino a che sentì dolore.
Assail
ritirò il sigaro. “Proviamo con un'altra risposta? Vuoi usare una chiave? O
qualcos'altro?”
La risposta
soffocata fu tanto incomprensibile quanto l'odore della carne bruciata era
chiaro. “Più ossigeno,” mormorò Assail a suo cugino. “Così può comunicare,
grazie.”
Quando il
fratello di Ehric allentò la presa, la risposta dell'uomo gli esplose dalla
bocca. “Telecomando. Parasole. Lato passeggero.”
“Aiuta
quest'uomo a recuperarlo per me, ti spiace?”
Il fratello
di Ehric fu gentile quanto un martello che batte sulla testa di un chiodo,
trascinò il suo prigioniero senza alcun riguardo fino all'auto - in effetti,
sembrava che usasse il corpo dell'uomo per testare l'integrità strutturale del
cofano e del blocco motore.
Ma l'uomo
prese il telecomando e lo porse con mano tremante - e Assail sapeva come farne
un buon uso. Aveva grande familiarità con le trappole esplosive ed era molto
meglio che non fosse lui a innescarle.
“Faglielo
fare al posto mio, ti spiace?”
Il gemello
di Ehric spinse l'uomo verso il garage, tenendo la pistola a pochi millimetri
dalla sua testa. Incespicò e cadde diverse volte, ma passi falsi a parte, la
guardia del corpo riuscì ad arrivare alla portata dell'ingresso.
Le mani
dell'uomo tremavano talmente tanto che ci vollero diversi tentativi prima di
premere il bottone giusto, ma due delle quattro porte si alzarono abbastanza in
fretta. E sai cosa? I fanali di quella berlina illuminavano proprio l'interno.
Niente.
Soltanto una Bentley Flying Spur da un lato e una Rolls-Royce Ghost dall'altro.
Imprecando, Assail
entrò nell'edificio. Senza alcun dubbio, aveva innescato qualche allarme
silenzioso, ma non gliene importava nulla. La prima ondata di cavalleria era
già arrivata. Ci sarebbe voluto un po' prima che arrivasse una seconda squadra.
La
costruzione aveva due piani, e visti i pannelli termici delle finestre e la
proporzione inadeguata al periodo storico, si poteva presumere che l'edificio
era stato costruito in quel secolo. E avviandosi verso la piattaforma sulla
sinistra, non fu sorpreso di trovare un ambiente senza macchie, dal pavimento
in cemento color grigio chiaro, i muri levigati come stucco della Sheetrock e
bianchi come carta. Non c'erano apparecchiature per la cura del prato, nessun
tagliaerba, o sarchiatori, oppure rastrelli. Di sicuro si serviva di una
squadra esterna per questo tipo di cose, non avrebbe voluto che qualche
attrezzatura sporca e puzzolente stesse attorno alle sue bimbe su quattro
ruote.
Muovendosi
in fretta in direzione dei fari dell'auto, la suola degli stivali sottolineo i
suoi passi, i suoni rimbombavano ovunque. Non sembrava esserci una livello
inferiore. E al piano di sopra, c'era solo un piccolo ufficio che veniva usato
per immagazzinare le gomme a ogni cambio stagionale, coperture di cassoni del
pick-up, e altre attrezzature automobilistiche.
Tornando al
piano terra, Assail uscì in fretta dal garage. Avvicinandosi alla guardia del
corpo, sentì la scattare le zanne nella bocca e le mani tremare, avvertì un
ronzio nella testa che gli fece pensare alle auto rombanti in autostrada.
“Dov'è lei?”
“Dove...
è... chi...?”
“Dammi il
tuo coltello, Ehric.” Quando il cugino sguainò la lama lunga diciotto
centimetri, Assail sistemò la pistola nella fondina. “Grazie.”
Prendendo il
coltello dal cugino, Assail lo puntò alla gola dell'uomo e si avvicinò così
tanto da annusare la paura che usciva da tutti i pori e sentire il calore del
respiro venir fuori da quella bocca.
Ovviamente,
stava ponendo la domanda sbagliata. “In quale altro posto Benloise tiene i
prigionieri?” Prima che l'uomo potesse rispondere, s'intromise. “Ti consiglio
di stare attento alla tua risposta. Se mentissi, lo saprei. Le menzogne hanno
una puzza particolare.”
Gli occhi
dell'uomo balzarono da un lato all'altro come se stesse stimando le sue
possibilità di sopravvivenza. “Non lo so non lo so non lo –“
Assail
affondò il coltello fino a intaccare la superficie della pelle e il sangue
rosso scorse sulla lama. “Non è la risposta giusta, amico mio. Ora dimmi, dove
altro tengono la gente?”
“Non lo so!
Lo giuro! Lo giuro!”
Andò avanti
per un po' di tempo e, purtroppo, non sentì alcun odore di ostruzione.
“Dannazione,”
mormorò Assail.
Con un gesto
lampo, mise a tacere quel balbettio - e il quinto inutile umano cadde a terra.
Voltandosi,
guardò la casa. Contro lo sfondo angolare del tetto, oltre gli alberi
scheletrici e ancora più in là... un gentile chiarore cominciò ad apparire nel
cielo a est.
Un
messaggero di sventura.
“Dobbiamo
proprio andare,” disse Ehric a bassa voce. “Quando scenderà di nuovo la sera,
riprenderemo la ricerca della tua femmina.”
Assail non
si preoccupò di correggere la scelta di parole del cugino. Era troppo distratto
dal tremore che, dalle sue mani, avanzava diffondendosi in tutto il corpo fino
a che anche i muscoli delle cosce si contrassero.
Gli ci volle
un momento per stabilirne la causa, e quando lo fece, la maggior parte di lui
rifiutò la definizione.
Ma il
nocciolo della questione era che... per la prima volta nella sua vita adulta,
aveva paura.
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