sabato 6 settembre 2014

The King - traduzione Capitolo 7; paragrafo 1



THE KING

Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.


Questa è la copertina del mio libro


CAPITOLO VII
Paragrafo I


Assail uccise il quarto umano un istante dopo aver sillabato il numero tre.
E che la Vergine Scriba l'aiutasse, stava morendo dalla voglia di far fuori l'ultimo del trio a essere arrivato con tanta sollecitudine. Voleva piazzargli un proiettile nell'addome e vederlo contorcersi e soffrire sul vialetto d'accesso. Voleva controllare il moribondo e respirare l'odore di sangue fresco e di dolore. Infine voleva prendere a calci il cadavere quando tutto sarebbe finito. Forse anche dargli fuoco.
Ma Ehric aveva ragione. Chi avrebbero interrogato, poi?
“Tenetelo,” ordinò, indicando con un cenno l'ultimo maschio umano.
Il fratello di Ehric fu più che felice di imporsi, avvicinandosi di un passo e passando un braccio attorno al collo spesso. Con uno strattone violento, fece piegare l'uomo all'indietro.
Assail si avvicinò alla sua preda, aspirando una boccata di fumo e la soffiò in faccia alla guardia del corpo. 
“Gradirei avere accesso a quel garage.” Si diresse verso la dépendance, pensando che potessero tenere lì Sola. “E tu farai in modo che diventi possibile. O che tu fornisca la chiave o che i miei soci usino la tua testa come un ariete.”
“Non so dove sia! E che cazzo! Fanculo!” O qualcosa che suonava allo stesso modo. Le parole erano strozzate.
Che linguaggio sboccato. Inoltre, visto il profilo del sopracciglio del Cro-Magnon a forma di crinale, si poteva presumere che parlava davvero poco in termini di più importanti argomentazioni.
Fu facile ignorare tutto quel mormorio.
“Ora, ci fornirai una chiave, un telecomando... oppure un pezzo del tuo corpo?”
“Non lo so!”
Beh, ho io la risposta, pensò Assail.
Rigirandosi il sigaro tra le dita, fissò la punta incandescente per un momento. Poi l'avvicinò a pochi centimetri dalla guancia dell'uomo.
Assail sorrise. “È un bene che il mio socio ti tenga stretto. Un movimento sbagliato e...”
Premette la punta infuocata sulla pelle dell'uomo. Immediatamente, un urlo risuonò nella notte, facendo sobbalzare gli animali che albergavano nel sottosuolo, e facendo fischiare le orecchie di Assail fino a che sentì dolore.
Assail ritirò il sigaro. “Proviamo con un'altra risposta? Vuoi usare una chiave? O qualcos'altro?”
La risposta soffocata fu tanto incomprensibile quanto l'odore della carne bruciata era chiaro. “Più ossigeno,” mormorò Assail a suo cugino. “Così può comunicare, grazie.”
Quando il fratello di Ehric allentò la presa, la risposta dell'uomo gli esplose dalla bocca. “Telecomando. Parasole. Lato passeggero.”
“Aiuta quest'uomo a recuperarlo per me, ti spiace?”
Il fratello di Ehric fu gentile quanto un martello che batte sulla testa di un chiodo, trascinò il suo prigioniero senza alcun riguardo fino all'auto - in effetti, sembrava che usasse il corpo dell'uomo per testare l'integrità strutturale del cofano e del blocco motore.
Ma l'uomo prese il telecomando e lo porse con mano tremante - e Assail sapeva come farne un buon uso. Aveva grande familiarità con le trappole esplosive ed era molto meglio che non fosse lui a innescarle.
“Faglielo fare al posto mio, ti spiace?”
Il gemello di Ehric spinse l'uomo verso il garage, tenendo la pistola a pochi millimetri dalla sua testa. Incespicò e cadde diverse volte, ma passi falsi a parte, la guardia del corpo riuscì ad arrivare alla portata dell'ingresso.
Le mani dell'uomo tremavano talmente tanto che ci vollero diversi tentativi prima di premere il bottone giusto, ma due delle quattro porte si alzarono abbastanza in fretta. E sai cosa? I fanali di quella berlina illuminavano proprio l'interno.
Niente. Soltanto una Bentley Flying Spur da un lato e una Rolls-Royce Ghost dall'altro.
Imprecando, Assail entrò nell'edificio. Senza alcun dubbio, aveva innescato qualche allarme silenzioso, ma non gliene importava nulla. La prima ondata di cavalleria era già arrivata. Ci sarebbe voluto un po' prima che arrivasse una seconda squadra.
La costruzione aveva due piani, e visti i pannelli termici delle finestre e la proporzione inadeguata al periodo storico, si poteva presumere che l'edificio era stato costruito in quel secolo. E avviandosi verso la piattaforma sulla sinistra, non fu sorpreso di trovare un ambiente senza macchie, dal pavimento in cemento color grigio chiaro, i muri levigati come stucco della Sheetrock e bianchi come carta. Non c'erano apparecchiature per la cura del prato, nessun tagliaerba, o sarchiatori, oppure rastrelli. Di sicuro si serviva di una squadra esterna per questo tipo di cose, non avrebbe voluto che qualche attrezzatura sporca e puzzolente stesse attorno alle sue bimbe su quattro ruote.
Muovendosi in fretta in direzione dei fari dell'auto, la suola degli stivali sottolineo i suoi passi, i suoni rimbombavano ovunque. Non sembrava esserci una livello inferiore. E al piano di sopra, c'era solo un piccolo ufficio che veniva usato per immagazzinare le gomme a ogni cambio stagionale, coperture di cassoni del pick-up, e altre attrezzature automobilistiche.
Tornando al piano terra, Assail uscì in fretta dal garage. Avvicinandosi alla guardia del corpo, sentì la scattare le zanne nella bocca e le mani tremare, avvertì un ronzio nella testa che gli fece pensare alle auto rombanti in autostrada. “Dov'è lei?”
“Dove... è... chi...?”
“Dammi il tuo coltello, Ehric.” Quando il cugino sguainò la lama lunga diciotto centimetri, Assail sistemò la pistola nella fondina. “Grazie.”
Prendendo il coltello dal cugino, Assail lo puntò alla gola dell'uomo e si avvicinò così tanto da annusare la paura che usciva da tutti i pori e sentire il calore del respiro venir fuori da quella bocca.
Ovviamente, stava ponendo la domanda sbagliata. “In quale altro posto Benloise tiene i prigionieri?” Prima che l'uomo potesse rispondere, s'intromise. “Ti consiglio di stare attento alla tua risposta. Se mentissi, lo saprei. Le menzogne hanno una puzza particolare.”
Gli occhi dell'uomo balzarono da un lato all'altro come se stesse stimando le sue possibilità di sopravvivenza. “Non lo so non lo so non lo –“
Assail affondò il coltello fino a intaccare la superficie della pelle e il sangue rosso scorse sulla lama. “Non è la risposta giusta, amico mio. Ora dimmi, dove altro tengono la gente?”
“Non lo so! Lo giuro! Lo giuro!”
Andò avanti per un po' di tempo e, purtroppo, non sentì alcun odore di ostruzione.
“Dannazione,” mormorò Assail.
Con un gesto lampo, mise a tacere quel balbettio - e il quinto inutile umano cadde a terra.
Voltandosi, guardò la casa. Contro lo sfondo angolare del tetto, oltre gli alberi scheletrici e ancora più in là... un gentile chiarore cominciò ad apparire nel cielo a est.
Un messaggero di sventura.
“Dobbiamo proprio andare,” disse Ehric a bassa voce. “Quando scenderà di nuovo la sera, riprenderemo la ricerca della tua femmina.”
Assail non si preoccupò di correggere la scelta di parole del cugino. Era troppo distratto dal tremore che, dalle sue mani, avanzava diffondendosi in tutto il corpo fino a che anche i muscoli delle cosce si contrassero.
Gli ci volle un momento per stabilirne la causa, e quando lo fece, la maggior parte di lui rifiutò la definizione.
Ma il nocciolo della questione era che... per la prima volta nella sua vita adulta, aveva paura.






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