giovedì 21 maggio 2015

The Shadows - Capitolo II



THE SHADOWS



Ho deciso di riproporre come l’anno scorso la traduzione di alcuni capitoli del nuovo libro della Ward con protagonisti Trez e iAm, fino all’uscita della traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.

  
CAPITOLO II


LA TANA, MAGIONE DELLA CONFRATERNITA

Rhage alzò lo sguardo dalla copia del Caldwell Courier Journal che stava leggendo. La prospettiva offerta dal divano in pelle di V e Butch concedeva più visuale di quanta ne desiderasse di un Lassiter a torso nudo che giocava da solo.
Giocava... al biliardino.
L'angelo caduto si impegnava al tavolo di V come un professionista, teletrasportandosi avanti e indietro tra i due lati – e insultandosi ad alta voce da solo.
“Domanda” mormorò Rhage, sistemandosi la gamba ferita. “Le tue due personalità sono consapevoli che sei un fottuto schizofrenico?”
“Tua madre è talmente stupida”, Lassiter si smaterializzò e riprese forma al lato più lontano, facendo roteare le aste del biliardino, “da pensare che una sventola che vale un bel 10 sia un qualcosa da digitare con un telefono.”
V si avvicinò e si stravaccò sul divano.
“È disordine da personalità multipla, Hollywood. Non schizofrenia.”
Il Fratello mise un porta-tabacco in cuoio e un pacchetto di cartine sopra alla pila di Sports Illustrated, proprio mentre Lassiter esplodeva in un urlo di trionfo.
“Oh, guarda,” esclamò V sotto voce. “L'idiota sta vincendo finalmente.”
Rhage brontolò, cercando di trovare una posizione migliore per la sua gamba. Lui e V avrebbero dovuto essere fuori a combattere, solo che un lesser aveva deciso di impersonare Gordon Ramsey su di lui tagliuzzandolo con un coltello arrugginito, mentre V aveva una ferita da arma da fuoco che gli aveva trapassato la spalla sinistra.
Almeno entrambi sarebbero tornati operativi entro ventiquattrore, soprattutto grazie a Selena. Se lei non fosse stata così generosa con la sua vena, non sarebbero riusciti a guarire così in fretta, specialmente se si considerava che nessuna delle loro compagne era in grado di soddisfare i loro fabbisogni nutrizionali in quel senso.
Ma, cavolo, che schifo, starsene seduti come una coppia di storpi.
E in più c'era il fattore Lassiter.
La Tana era per lo più come era sempre stata: piena di borsoni da palestra, stereo e attrezzature per computer, quel tavolo da biliardino, e un televisore grande quanto un parco cittadino. Era sintonizzato su Sports Center e mandava un servizio sul football universitario insieme alla NFL; c'erano bottiglie vuote di Grey Goose ovunque; e il guardaroba di Butch ormai stava straripando nel corridoio. Oh, e già, “Hell of a Night” degli Schoolboy Q pompava dagli altoparlanti.
Ma non era più un rifugio esclusivamente per scapoli. Nell'aria aleggiava il profumo caratteristico di Marissa – qualcosa di Chanel? - e la borsa da medico della dottoressa Jane era sul tavolino da caffè.
E quelle bottiglie vuote di vodka? Svuotate solo quel pomeriggio e quella sera, e V avrebbe dato una ripulita prima di andarsene a dormire. E poi c'erano le riviste del Journal of the American Medical Association e varie copie di People.
Oh, e la cucina era pulita, con della frutta fresca in una ciotola e un frigorifero pieno di roba, oltre agli avanzi di Arby e porzioni di salsa di soia.
Rhage si era immerso in quella pozza ghiacciata non appena era entrato nella stanza, sgraffignando quasi due chili di gelato alla menta con scaglie di cioccolato. Questo era successo circa mezz'ora prima, e ora avvertiva di nuovo un certo languorino. Forse era il momento di tornare alla magione...
Quando “Holy Ghost” di Jeezy partì alla radio, Lassiter iniziò a rappare.
A rappare.
“Perché lo hai invitato?” chiese Rhage, proprio mentre V tirava fuori la lingua per richiudere una delle sue sigarette rollate a mano. “E Gesù, quando diavolo ti sei fatto quel piercing?”
“Non l'ho invitato. Ci ha seguiti nel cortile. E un mese fa.”
“Perché te lo saresti fatto?”
V gli scoccò un sorriso diabolico dall'altro lato del divano, le palpebre basse sugli occhi di diamante. “A Jane piace.”
Rhage tornò al suo giornale. “Tutte cazzate, fratello.”
“Vuoi dire che non lo avresti fatto se Mary te lo avesse chiesto?”
“Doc Jane te lo ha chiesto? Come se il pizzetto non fosse una schifezza sufficiente su quella tua boccaccia? Andiamo.”
Tutto ciò che ottenne fu un altro di quei sorrisi.
“Cambiando argomento...” Rhage si concentrò sull'oroscopo. “Okay, allora di che segno sei, Lassiter?”
“Io sono favoloso”, l'angelo caduto saettò dall'altro lato, “col sole nel quadrante Baciami Il Culo. E prima che tu me lo chieda un'altra volta, io sono stato creato, non sono nato, perciò non ho una data di nascita.”
“Te ne darò una di morte” tagliò corto V.
“E che ne dici di una camicia?” Rhage voltò alla pagina successiva. “Solo una camicia. Ti ucciderebbe metterti qualcosa addosso, angelo? Nessuno scalpita per vedere quella roba.”
Lassiter mise in pausa il gioco... e poi iniziò a imitare Channing Tatum contro il tavolo, tutto stile Magic Mike mentre gemeva come se stesse avendo un orgasmo.
V si coprì gli occhi. “Non avrei mai pensato di pregare per la cecità.”
Rhage arrotolò il giornale e lo lanciò contro Lassiter. “Oh, andiamo, coglione! Vorrei usarlo anch'io quel tavolo ogni tan…”
Il telefono di Rhage ebbe un attacco di convulsioni, vibrando contro le sue chiappe finché non si inclinò di lato per estrarlo dalla tasca posteriore dei pantaloni di pelle. «Sì» rispose senza guardare il numero.
La voce di Trez era bassa. “Ho un problema.”
“Che succede?”
“Un lesser fuori gioco nel mio club. Ho già ripulito le menti dei miei buttafuori, in particolare quello che ha combattuto contro di lui, ma la situazione non reggerà.”
Rhage scattò in piedi. “Arriviamo entro cinque minuti.”
“Grazie, amico.”
Chiudendo la chiamata, Rhage annuì verso V. “Andiamo, lo so che siamo in panchina, ma non c'è da combattere.”
“Non devi chiedermelo due volte. Dove andiamo?”
Lassiter si raddrizzò dai suoi strofinamenti. “Si va in gita!”
“No …”
“No …”
“Posso essere utile quanto decorativo, sapete?”
V iniziò ad armarsi, fece una smorfia quando si agganciò la fondina del pugnale e ci infilò dentro un paio di lame affilate e lucenti, i manici rivolti verso il basso. “Dubito che ci servirà un ariete per entrare.”
“Magari avremo fortuna.” Rhage si diresse alla porta. “Ma non ci scommetterei.”
“Non voglio rimanere qui da solo...”
“E non sei poi così decorativo, angelo.”
Fuori, la notte parlava dell'autunno, la fredda e frizzante aria settembrina faceva fremere le narici di Rhage e la sua bestia sgroppava sotto la pelle mentre attraversava il cortile fino alla grande entrata di pietra della magione.
Cavolo, non vedeva l'ora che la sua Mary tornasse a casa dal suo lavoro al Rifugio Sicuro.
Con tutti quei discorsi su lingue e femmine a cui piacevano in certi posti - okay, erano state solo tre frasi, ma erano più state più che sufficienti – aveva i pantaloni più stretti.
Dieci minuti, due calibro 40, un paio di pugnali e un metro di catena dopo, Rhage si smaterializzò con V fino al quartiere dei macelli di Caldwell, entrambi ripresero forma dall'altro lato della strada rispetto al nuovo locale di Trez. Lo shAdoWs si trovava in un magazzino ristrutturato e, come con tutti gli altri locali delle Ombre, c'era una coda che serpeggiava lungo tutto il quartiere, umani in piedi come mucche che attendevano di entrare in una stalla per nutrirsi. La musica che rimbombava, le luci che lampeggiavano e i raggi laser che attraversavano i mille pannelli di vetro, facevano apparire l'edificio alto tre piani un trip psichedelico intrappolato sotto un tetto di latta.
Quando i due si incamminarono verso il retro, si voltarono molte teste, ma chi se ne fregava. Le donne umane avevano un talento per notare i vampiri – forse era una questione ormonale; forse era merito della pelle nera.
Di certo non era quel pizzetto. Andiamo, su.
E sì, c'era stato un tempo in passato in cui avrebbe approfittato di quelle merci sospette, ma ora non più. Aveva la sua Mary e lei era più che sufficiente per lui. V provava lo stesso per la sua Jane.
Beh, Jane con aggiunta di a una “salutare” dose di frustini e catene.
Psicopatico.
L'entrata sul retro del club aveva una doppia porta a tripla mandata a uso esclusivo del personale, e c'era ovviamente una telecamera di sicurezza da qualche parte, visto che nell'istante in cui si avvicinarono un buttafuori aprì la porta.
“Voi siete...?”
“Già.” V entrò senza invito. “Dov'è Trez?”
“Da questa parte.”
Corridoi bui. Umani storditi e ubriachi. Prostitute tettone. Ed ecco Trez, in piedi fuori una porta nera, sotto una luce nera.
L'Ombra faceva la sua figura, persino a una distanza di quasi dieci metri. Era alto e al posto del torace aveva un triangolo rovesciato, le spalle larghe e massicce si stringevano scivolando verso una vita stretta, con le cosce spesse e le gambe lunghe a sostenere tutto l'insieme. La sua pelle era del colore del mogano del tavolo da pranzo della magione, i suoi occhi neri come la notte, i capelli rasati fino a formare solo un accenno sul cranio. Ma tutto questo era solo una bella vetrina.
La verità era che Trez era una merce molto più pericolosa di qualsiasi cosa si potesse comprare a una fiera d'armi.
Le Ombre erano letali, capaci di trucchi che perfino i membri della Confraternita ne erano impressionati – e la loro specie di solito se ne stava per conto suo, rimanendo nel territorio della s'Hisbe, molto distante dalla città. Trez e suo fratello, iAm, erano l'eccezione a quella regola.
Un qualcosa che aveva a che fare con Rehvenge. Non che Rhage lo avesse mai chiesto.
“Dov'è?” chiese V, dando il cinque all'Ombra.
“Qui dentro.”
Rhage fece lo stesso, salutando l'Ombra con un abbraccio virile. “Come butta?”
“Ci è capitata una complicazione.” Trez fece un passo indietro e aprì la porta. “E non del genere che pensate voi.”
L'assassino “morto” si muoveva sul pavimento, dimenando braccia e gambe lentamente. Quei cosi erano rotti in diversi punti, un piede puntava nella direzione sbagliata, un gomito era inclinato in un angolo del tutto scorretto. C'era anche un bel po' di gocciolio in atto, sul pavimento c'era una pozzanghera piena dell'oleoso sangue nero dell'Omega.
“Bel lavoretto” commentò Rhage, tirando fuori dalla giacca e poi scartando un Tootsie Pop all'uva. “È stato il buttafuori?”
“Big Rob.” Trez allungò la mano. “Ed ecco qui la complicazione.”
Al centro del suo palmo c'era un mucchietto di banalissimi pacchetti di droga…
Aspetta un momento.
V li prese con la mano guantata. “Proprio come quelli che hai dato a Butch, giusto?”
“Esattamente.”
“Sì, questo è spaccio.”
“Questa merda non era mai saltata fuori prima d'ora?”
“Butch ha parlato con Assail, e Assail ha negato, negato, negato di essere in affari con loro. Ed è finita lì. Con null'altro su cui lavorare, avevamo altre priorità, mi capisci?”
Rhage addentò il cuore di cioccolato del Tootsie Pop, chinandosi in avanti e ponendosi delle cazzo di domande tra sé e sé. La droga era marchiata con un timbro rosso... con il simbolo che nell'Antico Idioma indicava la parola morte.
Il chrih.
Assail sarebbe finito nella merda sul serio se sfruttava il nemico per far arrivare la sua roba per le strade.
V si passò la mano libera tra i capelli neri. “Ora capisco perché non hai rispedito questo coso all'Omega con una pugnalata.”
“Il mio buttafuori ha detto che l'assassino è entrato insieme alla folla e si è lavorato la gente in giro, vendendo un po' per volta. Gli è stato chiesto di andarsene, lui ha discusso, ha attaccato e poi è arrivata l'ora della nanna, quando Big Rob si è occupato della questione. È la prima volta che questo lesser in particolare si è visto in giro, ma la cosa non dice molto, perché oggi è la serata di apertura. La morale della storia, però, è che non permetto alla gente di spacciare nel mio locale, che siano umani o altro. Non mi va di trovarmi sulla lista delle cose da fare del Dipartimento di Polizia di Caldwell più di quanto non ci siamo già...”
Mentre i due continuavano a parlare, Rhage succhiò il bastoncino bianco fino a ripulirlo e si ritrovò ad analizzare l'Ombra.
Interrompendo la conversazione, chiese, “Perché non ti fai più vedere all'Ultimo Pasto?”
Lo sguardo duro come il diamante di V si spostò su di lui. “Fratello, concentrati.”
“No, dico sul serio.” Appoggiò il fianco contro il muro nero. “Che succede, Trez? Voglio dire, il nostro cibo non è abbastanza buono per te?”
Una schiarita di gola molto rivelatrice da parte dell'Ombra. “Oh, no, sì, è solo che io... sono occupato, sapete. Ad aprire il locale...”
“E quando ti sei nutrito l'ultima volta?” chiese Rhage a Trez. “Stai una merda.”
Vishous alzò le mani. “Hollywood, hai intenzione di …”
“Sai, ho bevuto da Selena stasera e il suo sangue è eccezionale …”
Accadde tutto così in fretta. Un attimo prima V stava sproloquiando con lui sul fatto che l'Ombra avesse davvero bisogno di attaccarsi a una vena.
Quello successivo, le enormi mani di Trez erano serrate attorno al suo collo, bloccandogli anche il minimo accesso d'aria - mentre ringhiava a zanne scoperte come se Rhage fosse il suo nemico.
In un istante, e a dispetto della brutta ferita alla spalla, Vishous contrattaccò l'Ombra, aggredendolo con un body slam mentre Rhage afferrava quei polsi spessi per liberarsi dalla morsa. Assurdo da pensare, ma non servì a nulla. Anche coi quasi 140 chili di V, che provava a tirar via Trez, e la resistenza alla trazione di Rhage, l'Ombra si mosse a malapena, per la serie sono-una-parete-di-mattoni-e-non-vado-da-nessuna-parte.
E dopo tutti e tre ebbero qualcosa di cui preoccuparsi sul serio.
Rhage chiuse le palpebre, e quando aprì gli occhi, una luce brillante inondò l'angusta e scura camera del sesso.
“Cazzo,” esclamò V a denti stretti. “Mollalo subito, Trez, cazzo! Siamo nei casini!”
Sotto la pelle di Rhage, la bestia prese vita, risvegliata dal pericolo mortale.
“Trez! Lascialo andare!”
Qualcosa penetrò nella mente dell'Ombra … difficile dire se fosse stata quella luce, o il fatto che i lineamenti di Rhage stavano iniziando a mutare… e allentò leggermente la presa.
V prese il comando, lanciando l'Ombra sul pavimento scivoloso e saltandogli addosso, il pugnale nero nella mano direttamente contro la giugulare.
Accasciandosi con un'imprecazione, Rhage tossì e fece un paio di respiri profondi. Merda. La sua bestia aveva un temperamento esplosivo persino in una nottata tranquilla, dopo aver fatto un bello spuntino, una bella scopata e un bel po' di esercizio. Ma quando qualcuno cercava di ucciderlo?
Anche se ci fosse stato un motivo dannatamente valido per ucciderlo?
Era chiaro che l'Ombra si era legato all'Eletta. Perché quella reazione recava la firma ormoni maschili dappertutto.
“Mi dispiace” balbettò Trez. “Non so cosa mi sia preso. Lo giuro sulla vita di mio fratello.”
“Perché non ci hai” … Rhage balbettò sulle sue stesse parole … “detto che ti sei legato a lei?”
Ci fu una pausa. Poi Trez disse, “Io... merda.”
V ci aggiunse una serie di imprecazioni. “Hai intenzione di fare il bravo, Ombra, o devo aprirti la gola con il coltello?”
“Sto bene. Giuro.”
Un attimo dopo, V si avvicinò a Rhage. “Rhage...? Fratello?”
Rhage si coprì il viso con le mani e si lasciò scivolare giù lungo il muro passando dalla posizione verticale a quella col culo per terra. Inspira. Espira. Inspira. Espira.
Avevano già un lesser nel club.
La sua bestia era l'ultimo genere di cliente di cui avevano bisogno.
Inspira.
Espira …
“Che problema ha?” chiese Trez.
“Non diventare mai aggressivo con quel figlio di puttana” fu l'ultima cosa che Rhage sentì prima che il mondo svanisse come fumo nell'aria.


Nessun commento:

Posta un commento