venerdì 26 aprile 2013

Recensione classico: Story Of Two Tales - Charles Dickens


Le due città
Charles Dickens

Autore: Charles Dickens
Casa editrice: Mondadori
Collana: Mondadori Oscar
Pagine: 600
Prezzo. 11,00


TRAMA:
Una storia tra due città uscì dapprima a puntate, quindi in volume, nel 1859. Si tratta di un romanzo storico ambientato tra Parigi e Londra nei burrascosi anni che precedettero e seguirono la Rivoluzione francese. Tra le molteplici vicende umane che si intrecciano in queste pagine spiccano quelle di Lucie Manette, donna insieme dolce e coraggiosa, figlia di un uomo ingiustamente detenuto nella Bastiglia e da lei inizialmente creduto morto; di Charles Darnay, aristocratico francese espatriato in Inghilterra, indiscriminatamente accusato durante il Terrore; e infine dell'avvocato Sydney Carton, dall' ambiguo passato, cui viene offerto un inconsueto destino.

RECENSIONE:
Non amo dire cavolate, per cui, anche se mi farò odiare dalla metà delle persone che leggeranno questa recensione devo ammettere più a me stessa che a voi, che ho iniziato Story Of Two Tales (scusate, ma non avete notato la gran confusione sulla traduzione del titolo?!) in parte perché la descrizione fatta da Cassandra Clare nella trilogia di Infernal Device mi aveva elettrizzata.

Comunque sia, non è facile dare un giudizio su un classico, quindi non mi permetterò di dare un voto. Inizio col dire però che questo libro di Charles Dickens è uno dei meno conosciuti.

Per mia sventura non finisce quasi mai sulle antologie scolastiche, il che, finisce per essere una disgrazia visto che il triangolo amoroso verrebbe molto apprezzato da tutti gli alunni.

Non credete?

Dickens autore dell'ottocento (fu anche giornalista e reporter) era impegnato sia nell'ambito storico che in quello sociale.

Story Of Two Tales si snoda in modo perfetto tra Londra e Parigi, durante il periodo del terrore che segue la Rivoluzione Francese.

Seguiamo durante il libro le vicende di due famiglie Manette ed Evremonde, divise dal ceto sociale, ma riunite dal destino dell'intero racconto.

Dickens accusa un intero ceto sociale di aver dimenticato quali erano i veri obbiettivi e di aver pensato solo a loro stessi ( mi ricorda qualcosa ...)

Lo fa però in modo diverso rispetto agli altri racconti, il che è anche il motivo per cui il libro rispetto agli altri non è poi così conosciuto.

Il racconto non ha un vero personaggio principale, tutti hanno un loro ruolo e la conclusione del libro si rivela una scena di redenzione per tutti, non solo per il personaggio che si sacrifica.

(per amore, vorrei aggiungere)

Darney e Carton sono uniti dall'amore per la stessa donna Lucie Manette, che a mio parere finisce per diventare una cornice più che un personaggio femminile, ma ricordiamoci che siamo comunque nell'ottocento e non possiamo pensare di avere una protagonista femminile come nel duemila.

I due uomini, uno un avvocato senza speranza e l'altro un aristocratico che si nasconde dietro falso nome, finiscono per diventare un unico personaggio.

Il padre di Lucie è invece la colla che tiene assieme queste tre figure.

Nella trama c'è un messaggio molto contemporaneo: è giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli? Non si finisce per creare un cerchio che farà male all'intera società?

Per finire, posso dire che effettivamente in questo libro Dickens ha lasciato forse troppo spazio alla parte storica del romanzo e non ai personaggi rendendo il tutto troppo descrittivo a volte quasi stopposo.

Però sul serio, se volete leggere qualcosa di diverso dal solito, se volete avvicinarvi ai classici e imparare qualcosa in più su una società con valori ormai scomparsi ... leggetelo!
SCENA PREFERITA:
lacrime, aggiungerei!!
Praticamente la scena è più lunga della recensione. Non vogliatemi male!



Vi prego di perdonarmi, signorina Manette. Sono commosso al pensiero di ciò che ho bisogno di dirvi. Volete ascoltarmi?

— Se vi farà del bene, signor Carton, se vi farà più lieto, io ne sarò contentissima.
— Dio vi benedica per la vostra pietà!
Dopo un po' si tolse la mano dagli occhi, e parlò con fermezza.
— Non abbiate timore di udirmi. Non vi ritraete da quello che vi dico. Io sono come uno che è morto giovane. Tutta la mia vita potrebbe essere stata.
— No, signor Carton. Io sono certa che la miglior parte della vostra vita potrebbe ancora essere; sono certa che voi potreste essere molto, molto più degno di voi.
— Dite di voi, signorina Manette, e benchè io sappia altrimenti... benchè nel mistero del mio miserabile cuore sappia altrimenti... non lo dimenticherò mai.
Ella era pallida e tremante. Egli le venne in qualche modo in aiuto con una specie di ferma disperazione, che fece quel colloquio diverso da qualunque altro che si sarebbe potuto tenere.
— Se per voi fosse stato possibile, signorina Manette, ricambiare l'amore dell'uomo che voi vi vedete dinanzi... di questo povero sciagurato che s'è buttato via da sè stesso, di questo ubriacone senza redenzione... egli, nonostante la sua gioia, avrebbe saputo che vi avrebbe trascinato all'infelicità, alla miseria e al pentimento, facendovi precipitare con lui nel fango e nella vergogna. Io so benissimo che non potete avere per me alcun sentimento di tenerezza. Non lo domando. Sono anche contento che sia così.
— Senza di esso, non posso salvarvi signor Carton? Non posso ricondurvi... perdonatemi ancora una volta... a una condotta migliore? Non posso in nessuna maniera compensarvi della vostra confidenza? So che questa è una confidenza, — ella disse modestamente, dopo un po' d'esitazione e con delle sincere lagrime, — che non fareste a nessun altro. Non posso volgerla a vostro vantaggio, signor Carton?
Egli scosse il capo.
— No, signorina Manette, in nessuna maniera. Se avrete la pazienza di ascoltarmi un altro po', tutto quello che voi potete fare per me sarà fatto. Io desidero che sappiate che voi siete stata l'ultimo sogno dell'anima mia. Nel mio precipizio non sono andato tanto in giù che la vista di voi con vostro padre e di questa casa, resa da voi qual è, non abbia ridestato in me delle vecchie immagini che credevo svanite. Dal giorno che vi ho conosciuta, io sono stato turbato da un rimorso che non credevo mi avrebbe più assalito, e ho udito dei bisbigli di vecchie voci, che credevo non avessero più fiato, incoraggiarmi a salire. Ho sentito risorgere in me qualche idea di darmi da fare di nuovo, di cominciare da capo, di riscuotermi dalla pigrizia e dalla sensualità, e di combattere di nuovo la battaglia abbandonata. Un sogno, tutto un sogno, che si dissolve in nulla, e lascia il dormiente dove giaceva addormentato; ma desidero che voi sappiate che è stato ispirato da voi.
— Non ne rimarrà nulla? O signor Carton, pensate un po'. Provate ancora.
— No, signorina Manette; per tutto questo tempo, mi son persuaso d'essere immeritevole. E pure ho avuto la debolezza, e ho ancora la debolezza, di desiderare che sappiate che col vostro dominio mi avete improvvisamente, mucchio di cenere qual sono, trasformato in fuoco... un fuoco, però, nella sua natura inseparabile da me, un fuoco che non ravviva nulla, non illumina nulla, non serve a nessuno e pigramente si consuma.
— Giacchè sono stata così disgraziata, signor Carton, di avervi reso più infelice di quando non mi conoscevate...
— Non dite così, signorina Manette, perchè voi mi avreste salvato, se fosse stato possibile. Non sarete voi la cagione del mio peggioramento.
— Giacchè lo stato del vostro spirito, come voi dite, si può, in ogni modo attribuire a qualche mio influsso... questo è ciò che intendo, se posso chiaramente esprimermi... non posso far nulla per giovarvi? Non ho proprio alcun potere per farvi del bene?
— Il massimo bene che potete farmi ora, signorina Manette, sono venuto a raccoglierlo qui. Che io, per tutto il resto della mia sciagurata vita, porti il ricordo d'aver aperto il mio cuore a voi, l'ultima persona al mondo alla quale l'avrei aperto; e che v'era in me qualcosa che voi potevate deplorare e compiangere.
— Qualcosa che, vi supplico, ancora col massimo fervore e con tutto il cuore, di credere capace di impulsi migliori, signor Carton!
— Supplicatemi di non crederlo più, signorina Manette. Io mi sono provato, e lo so bene. Ma vi sto affliggendo, e m'affretto alla fine. Volete lasciarmi credere, quando ricorderò questo giorno, che l'ultima confidenza della mia vita fu deposta nel vostro petto puro e innocente, e ch'essa vi sta sola e non divisa da nessun altro?
— Se questo vi può consolare, sì.
— Neppure dalla persona che v'è più cara?
— Signor Carton, — ella rispose, dopo una pausa agitata, — il segreto è vostro, non mio; ed io vi prometto di rispettarlo.
— Grazie. E di nuovo, che Iddio vi benedica.

BEATRICE


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