THE KING
Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e
prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché
era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto
modi di dire.
Questa è la copertina
del mio libro
CAPITOLO
X
Paragrafo
II
Cazzo, pensò
Trez quando ricominciò a respirare.
Riprendersi
da un'emicrania era l'esatto contrario di un atterraggio morbido per ritornare
cosciente. Di solito la prescrizione era cibo e riposo - perché quella
merdaccia sapeva che anche se ti trovavi in una stanza buia con nient'altro che
il programma radiofonico Howard 100 all'iPhone, non riuscivi a metterti
d'accordo con l'omino del sonno.
Eppure in
quell'istante stava seriamente prendendo in considerazione tutti gli anni di
errori e ritornare sui suoi passi. Quando la porta si chiuse alle spalle del
fratello e Trez restò solo con l'Eletta Selena, ogni singola cellula del suo
corpo cominciò a vibrare.
Oh, cavolo,
doveva accendere una lampada col pensiero, anche se era un po' presto per le
sue retine affrontare una vera luce …
Salve, dea.
Selena era
alta, e anche se indossava la tradizionale tunica bianca del suo rango, era
chiaro che il fisico fosse proprio come una donna dovrebbe essere: nulla
appesantiva le sue curve, nemmeno il tessuto drappeggiato. E quando si parla di
volti stupendi. Aveva labbra rosa e occhi azzurro chiaro, i lineamenti
perfettamente simmetrici e disegnati per catturare lo sguardo di un maschio. E
poi c'erano i capelli. Lunghi, spessi e scuri come la mezzanotte, che portava
acconciati come lo stile delle Eletta, tutti avvolti alla sommità della testa.
Tutto ciò a
cui riuscivi a pensare era di scioglierli e passarci le dita in mezzo.
Era perfetta
da ogni lato.
E non gli
avrebbe dato tempo un giorno.
Il che
rendeva la sua apparizione in quella camera con tutto il proprio carico di
merda ancora più notevole.
“Sei stato
gravemente malato,” disse lei con dolcezza.
Trez strinse
gli occhi. Quella voce. Merda, quella voce.
Aspetta, lei
voleva una risposta, vero? Cosa aveva … “Nah. Sto benissimo. Davvero.”
Ed era duro
come una roccia, fanculo a lui, sul serio. Dio, sperava che non avvertisse
l'odore della sua eccitazione.
“Come posso
aiutarti?”
Umm... che
ne dici di lasciar cadere a terra quella tunica e saltare su questo letto?
Dopodiché potrai cavalcarmi come un pony fino a sfinirmi?
“Può
interessarti un po' di cibo?”
“Quale cibo?”
borbottò lui.
“Tuo fratello
ha preparato questa borsa.”
È forse
entrato qui, il bastardo? si chiese.
“Gli hai
appena chiesto di andarsene.”
Credo di sì.
“Oh, sì. Giusto.”
Trez si
allungò sui cuscini e sobbalzò. Mentre si massaggiava le tempie, sentì che lei
si avvicinava al letto - e con un gesto veloce, afferrò il pesante piumone e se
lo tirò sulla pancia.
A volte
"nudo" significava molto più che "non indossare vestiti."
Cavolo,
l'espressione sul volto dell'Eletta era così preoccupata. Al punto che
dovette costringersi a ricordare che in passato lo aveva snobbato. Cosa che
aveva realmente fatto.
Già, guasto
come la sua memoria a breve termine - almeno quando si trattava di cose tipo
suo fratello che era nella stanza - che ricordava con esattezza dove lui
si trovava quando aveva visto questa femmina l'ultima volta... al pari dello
scarso entusiasmo mostrato da parte di lei nei suoi confronti.
Ricordava
con precisione anche come era venuto a conoscenza di lei. Aveva sentito il suo
nome non appena Phury aveva liberato le Elette dal Santuario della Vergine
Scriba e Selena, insieme alle altre, era andata a vivere nella proprietà che
Rehvenge possedeva sulle Adirondack. L'aveva vista di tanto in tanto, ma Rehv
si era trovato nei casini e lui era stato distratto.
Tuttavia,
era passato. E lui e iAm erano andati a stare da poco alla magione su richiesta
di Rehv - e lì l'aveva incontrata davvero, faccia a faccia.
Okay, c'era
stato iAm con lui ma aveva potuto benissimo toglierselo dalla mente. Inoltre,
nel momento in cui aveva visto quella femmina aveva dimenticato il proprio
nome, gran parte del vocabolario inglese e il settantacinque per cento del suo
senso di equilibrio.
Istantanea.
Cosmica. Attrazione.
Almeno da
parte sua.
Lei non era
rimasta colpita, naturalmente - sebbene lui avesse delle speranze. E tendenze
persecutorie. Nella settimana precedente, si era aggirato nella magione per
diverse notti di fila, per
poterla
vedere nel mezzo di una delle sue visite per servire la Confraternita. Perché,
ehi, nulla diceva "Voglio uscire con te," come causa di un ordine
restrittivo.
Se fosse
stato fortunato avrebbe potuto "imbattersi in lei." Da buon coglione,
le aveva detto che era bellissima - e non con una battuta verso un'estranea.
Intendeva proprio ciò che aveva detto. Sfortunatamente, e a differenza delle
innumerevoli donne umane con cui si era intrattenuto, non ne era stata
impressionata.
E quindi,
perché quella visita?
Non che
volesse porsi il problema di quella domanda nell'immediato.
“Cosa posso
fare per te?” esclamò lei. E, diamine, la preoccupazione seria lo fece
vergognare.
“Ah... al
momento una di quelle bottiglie di Coca Cola, per favore.”
Oh, sììììì,
il modo in cui si muoveva mentre andava verso quella busta che aveva appoggiato
per terra. Così fluido e uniforme, i fianchi si muovevano sotto la tunica, le
spalle controbilanciavano, il suo...
Spostò gli
occhi dalle sue attività posteriori.
Anche se, incredibile.
Quando lei
si avvicinò al letto, lui si spostò al centro del materasso, sperando che non
si sedesse. Non lo fece. Si chinò in avanti, porgendogli la bottiglia di
plastica. Poi indietreggiò di un passo, tenendo una distanza rispettosa.
La bevanda
emise un sibilo quando svitò il tappo.
“Per favore,
dimmi cosa ti affligge.”
Selena
teneva le mani di fronte a lei e le torceva, le strizzava l'una con l'altra.
“Solo
un'emicrania.” Trez prese una lunga sorsata dalla bottiglia. “Cavolo, è
fantastica.”
Anche la
vista era migliorata.
“Che cos'è?”
“Coca Cola.”
Trez si fermò prima di prendere un secondo sorso della bevanda, quando capì che
a cosa si stava riferendo. “Un'emicrania è un tipo di mal di testa. Nulla di
eccezionale.”
Beh, a parte
il fatto che nelle ultime dodici ore si era sentito uno schifo.
I suoi bellissimi
occhi si strinsero. “Se non è nulla di preoccupante, perché tuo fratello era
così inquieto?”
“Lui è così.
Un isterico.” Trez chiuse le palpebre e bevve. E di nuovo. “È il nettare dei
dèi, sul serio.”
“Non ho mai
pensato a lui in questo modo. Naturalmente tu lo conosci meglio di me.”
Quando
Selena iniziò a gironzolare, lui desiderò che lei fosse almeno in parte
interessata al suo petto completamente esposto: non era presuntuoso, ma di
solito le femmine che lo guardavano non distoglievano lo sguardo.
“Non
preoccuparti, starà bene,” borbottò. “E anch'io.”
“Ma sei
stato chiuso qui dentro tutto il giorno - da quando sei tornato a casa la notte
scorsa.”
Stava per
incazzarsi sul serio con se stesso quando pensò... aspetta un momento. “Come
fai a saperlo?”
Il fatto che
lei avesse distolto velocemente lo sguardo lo fece sedere un'altra volta.
“Tuo
fratello ne ha parlato al piano inferiore.”
Ne dubitava.
iAm parlava di rado con le persone a meno che non dovesse farlo.
Quindi lei
doveva averlo cercato. Giusto?
Trez abbassò
le palpebre. “Ehi, ti spiace sederti qui - trovo difficoltà a guardare in alto.”
Bugiardo.
“Oh,
certamente.”
Bene.
Mentre lei
si sistemava la tunica una volta seduta, lui sapeva di approfittarne, ma
andiamo. Aveva passato un bel po' di tempo sdraiato sul pavimento di fronte
alla tazza del gabinetto soltanto poche ore prima.
“Sei sicuro
di non aver bisogno di un guaritore?” chiese lei, i suoi occhi lo ipnotizzarono
al punto che le guardava chiudere le palpebre, le lunghe ciglia che salivano e
scendevano. “E sii sincero questa volta.”
Oh, lui
voleva raccontarle una verità, ovviamente. Ma non c'era motivo per comportarsi
da idiota.
“È solo un
mal di testa che dura più a lungo. Davvero. E ne soffro da quando sono
diventato adulto - mio fratello non ne soffre, ma ho sentito che ne soffriva
mio padre. Non è proprio una passeggiata, ma nulla che possa ferirmi.”
“Tuo padre è
mancato?”
Trez
irrigidì il viso per assicurarsi di non mostrare alcuna emozione. “È ancora vivo
e vegeto. Ma per me è morto.”
“Per quale
ragione?”
“È una lunga
storia.”
“E... ?”
“Niente. Troppo
lunga e troppo complicata.”
“Avevi altri
piani per questa sera, allora?” Questa frase venne detta come una piccola
sfida.
“Ti stai
offrendo di farmi compagnia?”
Lei abbassò
lo sguardo sulle mani. “Questa... lunga storia che riguarda i tuoi genitori. È
questo il motivo per cui non hai un cognome?”
Come faceva
a saperlo... ?
Trez iniziò
a sorridere ed era una buona cosa che lei stesse evitando i suoi occhi o
avrebbe visto il suo sorriso a trentadue denti.
Qualcuno
stava senza alcun dubbio raccogliendo informazioni su di lui - ed era
dannatamente interessante.
E riguardo
al cognome? “Quello è un falso. Lavoro nel mondo umano e avevo bisogno di una
copertura.”
“Che tipo di
lavoro svolgi?”
Trez
aggrottò la fronte, immaginando l'interno del suo club - e poi l'interno del
bagno che aveva usato come casa della scopata per quante volte?
“Niente
d'importante.”
“Allora
perché lo fai?”
Lui prese
un'ultima sorsata dalla sua Coca Cola e guardò nel vuoto. “Chiunque ha avuto modo
di essere da qualche parte.”
Dio, non
voleva parlare di quella parte della sua vita - al punto in cui lei doveva
andarsene perché la conversazione era terminata, bene. Come un lampo, la lunga
successione di immagini di lui che faceva sesso con donne umane balenò davanti
ai suoi occhi, prendendo il posto di Selena fino a che non riuscì più a
percepire il suo odore.
Per le
Ombre, il corpo era un'estensione dell'anima - una realtà forse ovvia, ma di
fatto, molto più complicata nel modo in cui la intendeva la s'Hisbe. In
pratica, ciò che facevi al tuo corpo, come lo trattavi e lo accudivi - o non te
ne curavi - era trasmutato direttamente al tuo nucleo interno. E se il sesso
era di conseguenza l'atto più sacro della forma corporea, non doveva mai essere
intrapreso con leggerezza, e di sicuro mai e poi mai con sporche, disgustose
umane - specialmente quelle dalla pelle pallida.
Per le Ombre
la pelle pallida equivaleva a una malattia.
Ma le regole
non si limitavano alla razza degli Homo Sapiens. Fare l'amore era totalmente
ritualizzato nel Territorio. Il sesso era programmato tra le coppie, o le metà,
come venivano chiamati, pergamene formali venivano scambiate nei corridoi
rivestiti di marmo, acconsentendo a richieste e passando attraverso una serie
di direttive prescritte. E quando tutto era a posto?
L'atto non
veniva consumato durante le ore diurne, e mai e poi mai senza aver prima subìto
il rituale del bagno. Veniva anche annunciato a tutti quanti, uno striscione
speciale veniva appeso sulla porta della camera, un modo raffinato per dichiarare
che, a meno che la casa non andasse a fuoco o
qualcuno
avesse un'emorragia arteriosa, non sarebbero stati ammessi disturbi fino a che
uno o entrambi i membri coinvolti non uscissero da lì.
La
controparte a tutti quegli ostacoli? Quando due metà si univano, poteva durare
per giorni.
Oh, neanche
la masturbazione era ammessa. Era considerata uno spreco nella comunione del
gesto.
Per cui, sì,
la sua gente non avrebbe soltanto aggrottato la fronte a causa della sua vita
sessuale; quegli individui l'avrebbero toccato con delle pinze da barbecue
mentre indossavano una tuta antiradiazioni e una maschera da saldatore. Aveva
scopato delle donne alle undici del mattino, tre nel pomeriggio e molto prima
di cena.
Le aveva
prese in posti pubblici e sotto i ponti, nei club e nei ristoranti, nei bagni e
in squallide camere d'albergo - e nel suo ufficio. Forse solo nella metà dei
casi aveva conosciuto i loro nomi, e di quell'immenso gruppo, poteva ricordarne
uno su dieci.
E solo
perché si erano comportate stranamente o gli avevano ricordato qualcos'altro.
E riguardo
al discorso della pelle bianca? Lui non aveva fatto discriminazioni. Si era
fatto tutte le razze di umane, qualche volta nello stesso momento. L'unico
settore che non si era scopato, o da cui non si era fatto succhiare l'uccello,
era stato quello maschile, ma solo perché non ne era stato attratto.
Se lo
avessero attratto, se li sarebbe fatti.
Suppose che
non tutto era perduto. Le Ombre non credevano nei rimedi e aveva sentito
parlare di rituali purificanti - ma c'era solo un tizio che poteva riparare a
quel danno.
L'ironia
della storia, naturalmente, era che lui aveva sentito un ripugnante orgoglio
nel rovinare se stesso per quanto poteva. Infantile, certo, ma era come se
avesse mostrato il dito medio alla tribù e a tutte le loro ridicole stronzate -
specialmente la figlia della regina, tutti credevano lui dovesse sbrigarsi a
fare la cosa giusta e nel modo corretto per il resto della sua vita.
Anche se non
l'aveva mai incontrata, non gli interessava diventare un giocattolo sessuale, e
non voleva offrirsi volontario per essere rinchiuso in una gabbia dorata.
Ma era
curioso. A scapito di tutto ciò che odiava delle tradizioni in cui era
nato, riuscì finalmente a scorgere uno scopo in esse: eccolo lì, fluttuando in
uno stato da post emicrania, entro una distanza di bacio con una femmina che
moriva dalla voglia di prendere. E sai cosa? Tutta quella ribellione di cui si
compiaceva così tanto, lo fece sentire sporco e assolutamente inutile.
Non che la
situazione attuale potesse mai verificarsi con Selena - lui era una puttana, ma
non un visionario.
Merda.
Con un
gemito, si lasciò cadere nuovamente sui cuscini. A dispetto della Coca Cola e
del suo carico di zuccheri e caffeina, si sentiva fottutamente esausto.
“Perdonami,”
mormorò l'Eletta.
Non dire che
devi andartene, pensò Trez. Anche se non lo merito in nessun senso, per favore,
non lasciarmi …
“Hai bisogno
di nutrirti?” chiese lei in tutta fretta.
Trez restò a
bocca aperta. Di tutte le cose che si era preparato a sentire... Neanche.
Lontanamente.
“Forse ho
esagerato,” disse lei, abbassando le palpebre. ‘È che sembri davvero provato...
e a volte nutrirsi aiuta parecchio.”
Porca...
troia.
Non sapeva
dire se aveva vinto la lotteria... o se era stato condannato a morte.
Ma il suo
uccello sobbalzò di desiderio, e il sangue gli ruggì nelle vene, la parte
dignitosa di lui che aveva a lungo seppellito parlò con calma, ma in maniera
profonda.
No, disse.
Né ora, né mai.
La domanda era... chi avrebbe vinto la sfida dentro se stesso, l'angelo o il diavolo?
La domanda era... chi avrebbe vinto la sfida dentro se stesso, l'angelo o il diavolo?
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