venerdì 10 aprile 2015

The Shadows - Prologo



THE SHADOWS

Ho deciso di riproporre come l’anno scorso la traduzione di alcuni capitoli del nuovo libro della Ward con protagonisti Trez e iAm, fino all’uscita della traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.



PROLOGO

TERRITORIO DELLA S'HISBE, PALAZZO REALE

Le impronte dei piedi che lasciò sul marmo bianco erano rosse. Rosse come un rubino Burmese. Rosso come il nucleo di un fuoco. Rosso come la rabbia nel suo midollo.
Il sangue era quello di TrezLath, ma non sentiva dolore.
L’arma dell’omicidio che aveva appena usato, un coltello da cucina in argento sterling lungo circa quanto la sua mano e stretto quanto il suo dito indice, era ancora nel suo palmo. Stava gocciolando, ma non era la fonte della chiazza che si stava lasciando dietro. Era stato ferito nella lotta. Il fianco. La coscia. Forse la spalla, non era sicuro.
Il corridoio era lungo più di un chilometro e mezzo e altissimo, e non sapeva davvero cosa lo attendeva alla fine. Una porta, pregò. Doveva esserci una porta di qualche genere – questa era la strada che conduceva fuori dal palazzo, quindi doveva esserci… un’uscita. E quando ci fosse arrivato? Non aveva idea di come sarebbe evaso. Ma non aveva avuto neanche idea di come uccidere un altro maschio vivente, e lo aveva fatto pochi minuti fa.
Per di più, non aveva fatto progetti per ciò che c’era dall’altra parte del recinto del palazzo, o su come avrebbe fatto a superare i muri di confine del Territorio. Nessuna idea di dove andare, cosa fare. Tutto ciò che sapeva era che non poteva più stare in quella cella. Era abbastanza lussuosa, con lenzuola di seta su un letto di piume, un bagno che aveva una sua piscina e uno chef privato per nutrirlo. Aveva i libri scritti dai Maestri delle Ombre a sua disposizione, un intero team di specialisti per i suoi bisogni, dai guaritori a quelli che lo lavavano agli esperti negli allenamenti. Riguardo ai suoi vestiti? Le sue vesti ora strappate, erano ornate di gemme provenienti dal tesoro, diamanti, smeraldi e zaffiri che ricadevano lungo i suoi abiti.
Eppure il suo corpo era considerato come molto più prezioso della magnificenza che portava.
Trez, il sacro vitello grasso, il pregiato stallone da riproduzione, il maschio il cui tema astrale aveva rivelato che sarebbe stato il padre della prossima generazione di regine.
Non era stato ancora convocato per il servizio sessuale. Sarebbe arrivato a tempo debito, quando la Principessa con cui doveva accoppiarsi avesse raggiunto la sua maturità astrologica.
Trez guardò oltre la sua spalla. Nessuno lo stava inseguendo, ma la situazione sarebbe cambiata non appena fosse stato trovato il corpo accasciato di quella guardia che aveva sopraffatto – e non ci sarebbe voluto molto tempo. C’era sempre qualcuno che osservava.
Se solo potesse…
Dritto di fronte a lui, una porta a scomparsa scorse all’indietro e una figura imponente avvolta di nero entrò direttamente nella sua traiettoria.
s’Ex, il boia della Regina, indossava la cotta di maglia completa di cappuccio, i suoi lineamenti coperti dall’intreccio del metallo. Ma la vista del suo viso non era necessaria.
La sua voce, profonda e malvagia, era minaccia pura. “Hai ucciso uno dei miei maschi.”
Trez si bloccò, lo strascico delle sue vesti immobile sul pavimento. Abbassando lo sguardo sul coltello nella sua mano, sapeva che “l’arma” inconsistente non lo avrebbe portato da nessuna parte contro l’Ombra che adesso fronteggiava. La lama d’argento era stata progettata per tagliare pere e mele, non andava bene nemmeno per la carne di filetto.
E il boia non era come quella guardia.
“Stai cercando di andare via.” s’Ex non fece un passo avanti, ma comunque sembrava più vicino. “Il che non solo non è accettabile dal mio punto di vista, ma contro la legge.”
“Allora uccidimi per punizione,” disse Trez con voce stanca. “Riduci a brandelli il mio corpo e seppelliscimi a pezzi fuori dal Territorio, come il traditore che sono.”
“Lo farei davvero. Come castigo per esserti preso la vita della mia guardia.” s’Ex incrociò le braccia muscolose sul suo petto forte. “Ma lo stesso battito del tuo cuore e il respiro nei tuoi polmoni è divino. Quindi quella strada è preclusa per me… o per te.”
Trez chiuse brevemente gli occhi. I suoi genitori erano emozionati della notizia che uno dei loro due figli gemelli era nato al momento perfetto, un predestinato, una frazione di secondo di allineamento di stelle che avrebbe trasformato la famiglia – una benedizione per loro, con tutte le ricchezze connesse e una posizione sociale; una maledizione per lui, che lo aveva privato della sua vita nonostante non l’avesse ancora mai vissuta.
“Non ci pensare neanche,” disse il boia.
Quando Trez sollevò le palpebre, si accorse di essersi portato il coltello alla gola. La sua mano stava tremando intensamente, ma stava spingendo la lama abbastanza da incidere la pelle sopra l’arteria.
Il suo sangue, caldo e uniforme, scivolò carezzandogli il pugno chiuso.
La risata di Trez suonò folle alle sue stesse orecchie. “ Non ho niente da perdere, tranne una condanna a vita per il crimine di essere nato.”
“Oh, penso che ce l’hai. No, non distogliere lo sguardo… vorrai vederlo.”
Il boia fece un cenno col capo alla porta d’entrata aperta e qualcosa venne spinto fuori…
“No!” urlò Trez, la sua voce echeggiò su e giù per il corridoio. “No!”
“Quindi lo riconosci.” s’Ex distese le braccia e tirò su le maniche, mostrando deliberatamente le nocche insanguinate. “Nonostante il mio lavoro. D’altronde, voi due siete stati insieme per quanto tempo?”
La vista di Trez faticava a concentrarsi mentre cercava gli occhi di suo fratello. Non c’era nessuno sguardo da sostenere. iAm non era cosciente, la sua testa ciondolava da un lato, la sua faccia pestata finchè non era stata così gonfia che i suoi lineamenti erano distorti. Il suo corpo era legato in una logora guaina di pelle che correva da sotto le ginocchia fin sulle spalle ed era allacciata con un sistema di fibbie in ottone. Macchie, vecchie e nuove, rendevano più scuro il marrone delle cinghie e smorzavano il luccichio dei pezzi di metallo.
“Dallo a me,” comandò s’Ex.
Quando il boia afferrò il retro della guaina, sollevò dal pavimento il corpo floscio di iAm con lo stesso sforzo che avrebbe potuto metterci nel sollevare un fiasco di vino.
“Per favore…” implorò Trez. “Non c’entra con tutto questo… lascialo andare…”
Per qualche ragione, gli rimasero impresse le gambe penzolanti di suo fratello con una chiarezza nauseante. Solo una delle scarpe di iAm era al suo posto, l’altra era stata persa nel sequestro o in qualsiasi tortura si era verificata. Ed entrambi i piedi stavano puntando verso l’interno, gli alluci si toccavano, uno piegato in maniera innaturale a causa di una caviglia spezzata.
“Ora, Trez,” disse s’Ex, “ pensavi che la tua decisione non avrebbe avuto ripercussioni su di lui? Ti sto dicendo di mettere giù il coltello. Se non lo fai, lo prenderò” – il boia sballottò su e giù il corpo floscio di iAm – “e lo sveglierò. Lo sai come ho intenzione di farlo? Prenderò questo” – nella sua mano libera materializzò un coltello seghettato – “e glielo ficcherò nella spalla. Poi lo torcerò ripetutamente finché non comincerà ad urlare.”
Trez cominciò a battere gli occhi per allontanare le lacrime. “Lascialo andare. Questo non ha niente a che fare con lui.”
“Metti giù il coltello.”
“Lascialo…”
“Devo fare una dimostrazione?”
“No! Lascialo…”
s’Ex pugnalò così forte la spalla di iAm, che la lama attraversò il cuoio e si ficcò nella carne.
“Giro?” Ringhiò s’Ex sopra l’urlo. “Sì? O fai cadere quel coltello da burro?”
Il clangore dell’argento che colpiva il pavimento di marmo fu sopraffatto dai respiri penetranti e sofferenti di iAm.
“Come pensavo.” s’Ex tirò fuori con violenza il coltello e iAm cominciò a lamentarsi e a tossire, il sangue che chiazzava il pavimento. “Torneremo ai tuoi alloggi.”
“Prima lascialo andare.”
“Non sei nella posizione di fare richieste.”
Le guardie vennero fuori da una porta nascosta, in uno sciame di figure in tuniche nere con le maschere di rete metallica. Non lo toccarono. Non erano autorizzate. Lo circondarono e cominciarono a camminare, spingendolo con i loro corpi. Costringendolo a tornare verso il luogo da cui era fuggito.
Trez lottò contro la marea, sollevandosi sulle punte dei piedi, cercando di vedere suo fratello.
“Non ucciderlo!” urlò. “Andrò! Andrò… solo non fargli del male!”
s’Ex rimase dov’era, quella lama seghettata e insanguinata catturava la luce mentre la reggeva in alto. Come se stesse valutando organi importanti per la prossima pugnalata.
“Dipende da te, Trez. Dipende tutto da…”
Qualcosa scattò.
Più tardi, quando la luce bianca si fosse dissolta dalla vista di Trez e l’ondata crescente fosse diminuita, quando il boato fosse stato messo a tacere e uno strano dolore nelle sue mani avrebbe cominciato a salirgli sulle braccia, quando non fosse stato più in piedi ma sulle ginocchia, si sarebbe reso conto che la prima guardia che aveva ucciso quella notte era lontano dall’essere l’ultima.
Si sarebbe reso conto che, in qualche modo aveva ucciso a mani nude tutti quelli che lo avevano circondato…
…. e s’Ex era ancora lì in piedi con suo fratello.
Più delle morti che aveva causato e l’orrore di iAm imprigionato con lui, più del sangue dal profumo ramato, che era così rosso e che adesso non segnava solo le sue impronte, avrebbe ricordato la risata sommessa che si propagava attraverso gli anelli della maglia che copriva il viso del boia.
Una risata leggera.
Come se il boia approvasse la carneficina.
Trez non rise. Cominciò a singhiozzare, sollevando le mani insanguinate e ferite verso il viso.
“I grafici astrologici non mentivano,” disse s’Ex. “Tu sei una forza in questo mondo, molto adatto per la procreazione.”
Trez crollò di fianco, atterrando nel sangue, i gioielli incastonati nelle sue vesti si conficcarono nella carne. “Per favore… lascialo andare…”
“Ritorna nei tuoi alloggi. Volontariamente e senza far del male a qualcun altro.”
“E lo lascerai andare?”
“Non sei il solo che può uccidere. E, a differenza di te, sono stato addestrato nell’arte del procurare sofferenza alle cose viventi. Ritorna nei tuoi alloggi e non farò desiderare a tuo fratello, come fai tu, di non essere mai nato.”
Trez si guardò le mani. “Non l’ho mai chiesto.”
“Nessuno chiede di vivere.” Il boia sollevò ancora più in alto il corpo di iAm. “E qualche volta non chiedono di morire. Tu, comunque, sei nella posizione di decidere sulla seconda opzione per quanto riguarda questo maschio. Quindi cosa hai intenzione di fare? Combattere contro un destino che non puoi cambiare e condannare questo innocente a una miserabile, prolungata sofferenza? O adempiere ad un sacro dovere per cui molti prima di te hanno provato un grande onore nell’occuparsi della nostra gente?
“Lasciaci andare. Lasciaci andare entrambi.”
“Non dipende da me. Il tuo quadro astrologico è ciò che è. La tua sorte è stata determinata dalle contrazioni di tua madre. Non puoi lottare contro tutto questo più di quanto potresti combattere loro.”
Quando Trez finalmente provò ad alzarsi, trovò il pavimento scivoloso. Il sangue. Il sangue che aveva versato. E quando fu in piedi, dovette avanzare attraverso il raccapricciante groviglio di corpi, oltrepassando le vite che, sapeva, non aveva avuto il diritto di prendere.
Le impronte che lasciò sul marmo erano rosse. Rosse come un rubino Burmese. Rosse come il nucleo di un fuoco.
E quelle che adesso lasciava erano parallele alla prima serie di tracce, che conducevano lontano dalla fuga che aveva disperatamente cercato.
Lo avrebbe tranquillizzato sapere che tra circa vent’anni, tre mesi, una settimana e sei giorni da questo momento, sarebbe riuscito a essere libero e lo sarebbe rimasto per abbastanza tempo.
E lo avrebbe scioccato nel profondo della sua anima che, dopo tutto questo, un giorno sarebbe ritornato volontariamente a palazzo.
Quella notte, il boia aveva detto la verità.
Il destino era insensibile e influente, come il vento con una bandiera, spostava la stoffa dell’esistenza di un individuo da una parte all’altra, assoggettata a ciò che faceva variare i suoi capricci, senza una ricerca di quello che la bandiera potesse aver desiderato.
O per cosa potesse aver pregato.


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