THE
SHADOWS
Ho
deciso di riproporre come l’anno scorso la traduzione di alcuni capitoli del
nuovo libro della Ward con protagonisti Trez e iAm, fino all’uscita della
traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto
ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai
vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La
traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune
parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in
italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.
CAPITOLO X
Paradise,
figlia diletta di Abalone, Primo Consigliere del Re, aggrottò la fronte allo
schermo del suo portatile della Apple. Si sistemava sempre nella biblioteca di
suo padre da quando lui aveva iniziato a lavorare ogni notte per Wrath, figlio
di Wrath, perché in quel vecchio e irregolare palazzo stile Tudor, il segnale
wi-fi era più forte a quella scrivania. Non che un buon segnale le fosse di
qualche aiuto in quel momento. Il suo account Hotmail era zeppo di messaggi non
letti, perché, con iMessage sul suo cellulare, Twitter, Instagram e FB, non
aveva alcun motivo per collegarsi molto spesso.
“Allora aspetta, come si chiamava?” esclamò lei al cellulare.
“Allora aspetta, come si chiamava?” esclamò lei al cellulare.
“Corso Nuovi
Apprendisti” rispose Peyton, figlio diletto di Peythone. “Te l'ho inviata,
tipo, un'ora fa.”
Lei si
sedette sul bordo della poltrona di suo padre. “C'è solo un mucchio di
spazzatura qui dentro.”
“Adesso te
la rimando …”
“Aspetta,
trovata!” Cliccò due volte sull'allegato. “Accidenti. È su carta intestata
ufficiale.”
“Te l'avevo
detto.”
Paradise
controllò la data, il saluto personalizzato a Peyton, i due paragrafi sul programma,
e la frase conclusiva. “Porca ... è firmato da un Fratello.”
“Tohrment,
figlio di Hharm.”
“Beh, se si
tratta di un falso, qualcuno sta per beccarsi un …”
“Ma hai
letto cosa dice nel secondo paragrafo?”
Lei si
concentrò sulle parole. “Femmine? Cioè, cavolo... accettano anche le femmine?”
“Lo so,
vero?” Ci fu un a specie di gorgoglio e uno sbuffo mentre Peyton soffiava una
boccata di fumo. “È senza precedenti.”
Paradise
rilesse la lettera, questa volta con più attenzione. Parole chiave le balzarono
davanti agli occhi: provini aperti per il programma di addestramento.
Femmine e civili sono invitati ad effettuare il test d'ingresso sulle
prestazioni fisiche. Le sessioni saranno tenute dagli stessi membri della
Confraternita. Lezioni? Nada.
“Che cosa sta
passando per la loro testa?” mormorò Peyton. “Voglio dire, dovrebbe
essere solo per i figli dei membri della glymera.”
“Non più, a
quanto pare.”
Quando
Peyton tirò fuori un commento circa il gentil sesso e i ruoli tradizionali a
casa e sul campo di battaglia, Paradise si appoggiò allo schienale della
poltrona di pelle. Accanto a lei, i ciocchi sistemati dal doggen
crepitavano con fiamme arancioni nel camino di marmo, il calore le colpiva un
lato del viso e metà del corpo. Tutto intorno, la biblioteca di suo padre
risplendeva di un bagliore giallo, di mogano tirato a cera e i rilievi d'oro
sulle coste della sua collezione di libri rigorosamente in prima edizione.
Il palazzo
in cui vivevano era uno dei più imponenti di Caldwell, con più di quaranta
camere arredate con un lusso pari alla biblioteca, se non ancora maggiore.
Bellissime sete ricoprivano le finestre vetro piombato a forma di diamante.
Eleganti tappeti orientali spiegati sui pavimenti lucidi. Dipinti a olio di
antenati erano appesi alle pareti lungo le scale e disposti bene in vista su
mensole e credenze. Della raffinata porcellana cinese era esposta al tavolo per
ogni pasto, il cibo cucinato e servito dall'ampio numero del personale.
Aveva
vissuto qui con suo padre per anni e anni, istruita da altre signore della glymera
in tutto ciò che rende una femmina aristocratica una degna compagna:
l'abbigliamento, la capacità di intrattenere gli ospiti, l'etichetta, essere la
castellana di una tenuta.
E tutto
questo per arrivare a cosa? Al suo debutto in società, che era stato
posticipato, così come il programma di addestramento della Confraternita, a
causa degli attacchi dei lesser due anni prima.
Ora, però,
ciò che la attendeva stava per essere reintegrato. Quel che era rimasto
dell'aristocrazia era ritornata a Caldwell muovendosi dalle loro case sicure, e
vista la sua maggiore età ed essendo trascorsi almeno quattro anni dalla sua
transizione, per lei era giunto il momento di trovare un compagno.
Dio, quanto
la terrorizzava tutto questo …
“Pronto?”
chiese Peyton. “Ci sei ancora?”
“Scusami,
sì, ci sono.” Allontanò il telefono dall'orecchio quando sentì un intenso
crepitio. “Cosa stai facendo?”
“Sto aprendo
un sacchetto di patatine della Cape Cod.” Crunch. Munch. “Oh zio cane, sono
incredibili...”
“Allora,
cosa hai intenzione di fare?”
“Ne ho
ancora mezza busta. Quindi conto di terminarle e farmene un'altra. Poi con ogni
probabilità me ne andrò a dormire …”
“No, per
programma del centro di addestramento.”
“Mio padre
mi ha già detto che devo andare. Va bene, comunque. Non ho fatto niente per tre
anni ormai, e mi avrebbero iscritto all'apertura del complesso, ma... beh, ti
ricordi cosa è successo.”
“Sì, e
faresti meglio a smettere di fumare. A loro non piacerà.”
“Occhio non
vede, cuore non duole. Inoltre, mi appello al primo emendamento.”
Lei alzò gli
occhi al cielo. “Va bene, per primo, tu non sei umano, quindi la loro
Costituzione non si applica a te. E secondo, si riferisce alla libertà di parola,
non alla libertà di fumare.”
“È uguale.”
Quando
Peyton fece un altro tiro alla sigaretta, lei si figurò il suo bel viso, le
spalle ampie, e gli occhi di un azzurro intenso. Si conoscevano da tutta la
vita, i membri delle famiglie di entrambi si erano sposati tra di loro per
generazioni, come facevano tutti membri dell'aristocrazia.
Era il
segreto peggio custodito dalla glymera che i genitori di Peyton e suo
padre avessero da poco iniziato a parlare del fatto che loro due si mettessero
insieme-
Il suono
basso e profondo del battente della porta d'ingresso le fece voltare la testa.
“Chi è?”
chiese, alzandosi in piedi e sporgendosi in avanti in modo da vedere fuori
nell'atrio.
Il loro
maggiordomo, Fedricah, percorse il pavimento, e sebbene suo padre non avesse
mai aperto la porta personalmente, anche lui uscì dal suo studio privato di
fronte.
“Padrone?”
domandò il maggiordomo. “Aspettate qualcuno?”
Abalone si
sistemò la giacca. “Un lontano parente. Pensavo di avertelo detto, le mie
scuse.”
“Me ne vado
a letto” esclamò Paradise al cellulare. “Buongiorno.”
Ci fu una
pausa. “Già, anche a te, Parry. E lo sai, puoi chiamarmi se hai degli incubi,
va bene?”
“Certo. Lo
stesso vale per te. 'Giorno.”
“'Giorno
anche a te.”
Mentre
chiudeva la chiamata, lei si scoprì contenta che il suo amico fosse ancora in
circolazione. Da quando gli attacchi erano diminuiti e tanti della loro classe
sociale erano stati fatti a pezzi, loro due avevano preso l'abitudine di usare
le linee telefoniche per far passare le ore, a volte interminabili, di luce
diurna. Il collegamento era stato indispensabile nel periodo immediatamente
successivo alle incursioni, quando lei e suo padre si erano trasferiti a
Catskills, mentre lei sfogava il suo nervosismo in quel grande fienile
vittoriano per mesi.
Peyton era
un buon amico. Per quanto riguardava la storia del mettersi insieme?
Non sapeva
come sentirsi se ci pensava.
Aggirando la
scrivania, lei attraversò l'atrio fino a che suo padre la vide e scosse la
testa. “Sparisci, Paradise. Per favore.”
Le sue
sopracciglia scattarono in alto. Questa era la sua parola in codice per
rifugiarsi nel tunnel nascosto della casa. “Cosa sta succedendo?”
“Ti prego,
vai.”
“Hai detto
che era un parente.”
“Paradise.”
Paradise
ritornò in biblioteca, ma rimase sotto l'arco della porta, in ascolto.
Il cupo
cigolio dell'apertura della massiccia porta d'ingresso le apparve risuonare con
forza.
“Sei tu”
esclamò il padre in uno strano tono. “Fedricah, puoi scusarci, vero?”
“Ma certo,
Padrone.”
Il
maggiordomo si allontanò, attraversando brevemente quella parte dell'atrio che
Paradise poteva vedere. Dopo un momento, la porta nella metà posteriore della
casa si chiuse.
“Allora?”
domandò una voce maschile. “Hai intenzione di invitarmi a entrare?”
“Non lo so.”
“Morirò qui
fuori. Nel giro di pochi minuti.”
Paradise
combatté la voglia di allungare la testa oltre lo stipite per vedere di chi si
trattava. Non aveva riconosciuto la voce, ma la pronuncia precisa e l'accento
altezzoso suggerivano che fosse un aristocratico. Il che aveva senso,
considerando che si trattava di un "parente".
“Indossi una
tenuta da battaglia” ribatté suo padre. “Non lo consento oltre la soglia di
casa mia.”
“È la mia
banda o sono le mie armi a spaventarti di più?”
“Non mi
spaventa nessuno dei due. Sei stato battuto, se ben ricordi.”
“Ma non
sconfitto, mi dispiace dirlo.” Ticchettii suggerivano che qualcuno stesse
maneggiando degli oggetti fatti di parti metalliche. E poi ci fu un tonfo, come
se qualcosa avesse colpito la scalinata di pietra davanti all'ingresso. “Ecco,
quindi, sono nudo davanti a te. Sono completamente disarmato, e le mie armi
sono sulla soglia di casa, non dentro le mura.”
“Io non sono
tuo cugino.”
“Condividiamo
lo stesso sangue. Abbiamo molti antenati in comune…”
“Risparmiamelo.
E qualunque messaggio il tuo capo voglia inviare al Re, deve farlo attraverso…”
“Non sono
più un seguace di Xcor. In nessun modo.”
“Chiedo
scusa?”
“I legami
sono stati recisi.” Ci fu un sospiro esausto. “Ho trascorso i mesi dopo le
elezioni che hanno restituito a Wrath il trono cercando di convincere Xcor e la
Banda dei Bastardi a tirarsi fuori dal loro tradimento. Anche dopo aver
ragionato e supplicato intensamente affinché si trovasse una strada più intelligente,
sono rattristato di non essere riuscito a dissuaderli dalla loro follia.
Infine, me ne sono dovuto andare. Sono sgattaiolato via di nascosto e mi sono
allontanato dal posto in cui vivono, e ora temo per la mia vita. Non ho nessun
altro posto dove andare, e quando ho parlato con Salliah nel Vecchio
Continente, mi ha suggerito di venirti a trovare.”
Il loro
lontano cugino, pensò Paradise. Riconobbe quel nome.
“Per favore”
disse il maschio. “Chiudimi dentro una stanza se devi farlo…”
“Io sono un fedele
servitore del Re.”
“Allora non
sprecare un vantaggio tattico.”
“Cosa stai
suggerendo?”
“In cambio
della sicurezza sotto il tuo tetto, io sono pronto a dirti tutto quello che so
sulla Banda dei Bastardi. Dove passano le ore di luce. Quali sono i loro
schemi. Dove si incontrano durante la notte. Come pensano e come combattono.
Certamente queste notizie ben valgono l'affitto di un posto letto.”
Paradise non
riusciva più a sopportarlo. Doveva vedere chi era quell'uomo.
Inchinandosi,
piegò il proprio corpo intorno allo stipite e lanciò un'occhiata oltre le
spalle rigide di suo padre. Il suo primo pensiero fu che i pantaloni di pelle
strappati del maschio e la camicia button-down non corrispondevano alla sua
voce. Il suo secondo fu che i suoi occhi erano lividi, erano così stanchi.
Sembrava
davvero essere arrivato dal fronte della guerra, qualcosa di dolciastro e
nauseabondo che proveniva dal suo corpo aveva impregnato l'aria non appena
aveva messo piede in casa.
Il maschio
la notò subito, e il suo volto registrò qualcosa che nascose molto in fretta.
Il padre
voltò la testa e le scoccò un'occhiataccia. “Paradise” sibilò.
“Posso
capire perché esiti” esordì il maschio, senza mai lasciare gli occhi della
femmina. “Infatti, lei è preziosa.”
Suo padre si
voltò verso Paradise. “Devi andartene.”
Il maschio
si abbassò su un ginocchio e chinò il capo, mise una mano sul cuore e sollevò
l'altra con il palmo aperto verso l'alto.
Nell'Antico
Idioma, disse a bassa voce, "Giuro sul nostro comune lignaggio che non
arrecherò alcun danno a voi, alla vostra figlia diletta, o a qualsiasi cosa
vivente all'interno di queste mura - oppure possa la Vergine Scriba troncare la
mia vita dinanzi ai vostri occhi."
Suo padre la
guardò e fece un secco cenno con un braccio, un ordine diretto a lei di uscire
da quella stanza e starsene lontana.
Lei sollevò
le mani e annuì, tutta un Okay, okay, okaaaaay.
Muovendosi
rapidamente, tornò in biblioteca e si avvicinò ai pannelli accanto al camino.
Allungò la mano sotto la terza mensola a partire dal pavimento e azionò un
punto nascosto, premette la leva e fu in grado di spingere l'intero carico di
libri fuori e oltre sul percorso ben oliato. Con una veloce scivolata, emerse nel
corridoio che correva intorno al primo piano della casa, che consentiva
l'accesso, sia visivo che reale, a ogni stanza attraverso delle porte nascoste
e punti di osservazione.
Sembrava un
qualcosa uscito da un film di Alfred Hitchcock.
Chiudendosi
dentro, Paradise raggiunse le scale basse che si trovavano alla parte opposta,
e mentre le saliva, avrebbe voluto poter sentire quello che i due maschi si
stavano dicendo. Come al solito, però, sarebbe rimasta all'oscuro; suo padre
non le aveva mai detto niente di niente.
Faceva parte
della sua mentalità vecchia scuola: le femmine di buona famiglia non avevano
bisogno di essere disturbate con cose come misteriosi, lontani parenti che si
presentavano senza preavviso e armati fino ai denti. O, per dire, di quale tipo
di affari si occupava la famiglia, quanto guadagnava o a quanto ammontava il
suo patrimonio. Per esempio, quando suo padre era stato nominato Primo
Consigliere del Re, fu tutto ciò che le era stato detto. Non aveva idea in che
cosa consistesse il suo lavoro, cosa faceva per il Re e la Confraternita -
diavolo, non sapeva nemmeno dove andava ogni notte.
Lei credeva
che lui pensasse veramente di preservarla.
Ma Paradise
odiava essere all'oscuro di tutto.
Alla sommità
della scala nascosta, proseguì per altri quattro metri e mezzo e si fermò
davanti un pannello incassato. Il chiavistello era a sinistra e lei lo aprì.
La sua
camera da letto era tutta delicata e femminile, dal letto frivolo al pizzo alle
finestre, ai tappeti a mezzopunto morbidi come pantofole che non avevi bisogno
di indossare.
Entrò e
chiuse la serratura della porta, sapendo che sarebbe stata la prima cosa che
suo padre avrebbe controllato quando fosse salito al piano di sopra - e se non
si fosse affacciato al secondo piano perché doveva restare con il loro
"ospite"? Avrebbe mandato Fedricah a effettuare il test della
maniglia.
Arrivata al
suo letto, si sedette, scalciò via i mocassini, e ricadde sul piumone. Fissando
il baldacchino, scosse la testa.
Chiusa nella
sua stanza. Tagliata fuori da qualsiasi azione.
Subito dopo
gli attacchi, quello era stato l'unico posto in cui voleva essere, l'unico modo
per sentirsi al sicuro. Ma quelle notti di terrore si erano trasformate in mesi
di preoccupazione... che erano scivolati in una normalità inquieta... che si
era evoluta in una vita semplice in generale.
Per cui ora
si sentiva in trappola. In questa stanza. In questa casa. In questa vita.
Paradise
fissò la porta chiusa a chiave.
Chi era quel
maschio? si chiese.
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