THE
SHADOWS
Ho
deciso di riproporre come l’anno scorso la traduzione di alcuni capitoli del
nuovo libro della Ward con protagonisti Trez e iAm, fino all’uscita della
traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto
ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai
vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La
traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune
parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in
italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.
CAPITOLO XI
Selena
divenne a poco a poco consapevole di non essere più al Santuario. Tuttavia non
riconosceva il posto in cui si trovava: il suo cervello era lento
nell'elaborare sia i segnali emanati dal suo corpo che gli spunti sull'ambiente
che la circondava, come se l'attacco le avesse congelato non solo la carne, ma
anche la mente.
Gradualmente,
però, si era resa conto che non c'era più erba sul suo viso. Niente alberi o
templi in lontananza. Neanche il dolce scorrere dell'acqua dai bagni.
Lei cercò di
spostare la testa e gemette.
“Selena?”
Il volto che
si affacciò nel suo campo visivo le riempì gli occhi di lacrime. Era Trez...
era Trez...
Come se lo
avesse evocato da un sogno, era proprio davanti a lei, e lo divorò con gli
occhi: la scura pelle liscia, gli occhi neri a mandorla, i capelli rasati neri,
la presenza incombente della sua massa e dell'altezza.
Il suo primo
istinto fu quello di allungare una mano per toccarlo, ma una saetta di dolore
la fermò, facendola annaspare.
“Doc Jane”
abbaiò lui. “È sveglia!”
Trez? disse lei. Trez, aspetta,
ho bisogno di dirti una cosa-
“Doc Jane!”
No, non
preoccuparti di questo. Ho bisogno di-
“Non riesce
a respirare!”
Accadde
tutto così in fretta. Tutto insieme, una maschera le fu spinta sul viso e
qualcosa costrinse i suoi polmoni a gonfiarsi. Delle voci esplosero intorno a
lei. Un acuto segnale acustico suggeriva che l'allarme si stesse spegnendo…
Qualcuno
provò a raddrizzarla e le sue articolazioni ruggirono in segno di protesta. Oh,
aspetta, era lei che cercava di muoversi … provava a sedersi per vedere cosa
stava succedendo.
“Lei si sta
muovendo!’ Quello era Trez ne era sicura. “Il braccio si è mosso!”
“È in
arresto cardiaco. Puoi appiattirle il torace?”
Il dolore
che venne subito dopo fu talmente intenso da farla urlare.
“Mi dispiace”
le sussurrò Trez in un orecchio, la voce rotta. “Mi dispiace, piccola. Mi
dispiace da morire, ma dovevo metterti supina…”
Selena gridò
di nuovo, ma non fu sicura di averlo registrato come suono. E poi il suo campo
visivo si offuscò, a partire dai lati e dirigendosi verso il centro, come se
una nebbia la stesse invadendo da ogni direzione.
All'improvviso,
lei si ritrovò a fissare la lampada scialitica … il che significava che in
qualche modo erano riusciti a sdraiarla sulla schiena. Poi arrivò la pressione
alle spalle, alla colonna vertebrale, alle braccia. La vista andava e veniva,
quell'annebbiamento recedeva e ritornava mentre grandi ondate di dolore la
scuotevano.
“Non voglio
romperle nulla” disse Trez a denti stretti.
Così le sue
mani le raggiunsero i polsi, costringendoli ad abbassarsi.
“Devo
arrivare lì. Adesso.” La dottoressa Jane apparve sul lato opposto del
tavolo, e nelle mani aveva dei blocchi della grandezza di un palmo con dei cavi
a spirale alle estremità.
“Toglile la
veste.” La dottoressa Jane guardò in un'altra direzione. “Voi maschi dovete
andarvene, oppure lui non ci lascerà accedere al suo torace.”
Quell'allarme
era così forte ora, un unico suono continuo, non interrotto da intervalli.
“Libera!”
urlò la dottoressa Jane.
Un fulmine
colpì il petto di Selena, le sollevò il torso dal tavolo, le fece scricchiolare
ognuna delle sue vertebre, le inarcò la spina dorsale tenendola sospesa.
Quando lei
tornò giù con un tonfo sul materasso sottile del lettino da visita, ci fu una
breve, intensa pausa durante la quale le tre persone intorno a lei, la
dottoressa Jane, l'infermiera Ehlena, e Trez, la guardarono fisso. Lei si
concentrò su Trez … e fu allora che notò una quarta persona che stava in piedi
accanto a lui, un grande corpo di spalle, una testa scura inclinata verso il
basso da un lato.
iAm.
Oh, bene,
era felice che lui fosse lì per Trez.
Selena aprì
la bocca sotto la maschera, guardando direttamente negli occhi neri dell'Ombra.
Se solo avesse potuto digli…
Il caos
esplose di nuovo intorno a lei, i polmoni che spingevano contro le costole, le
voci che salivano di tono, la gente che cambiava posizione.
“Basta con
la ventilazione” gridò la dottoressa Jane. “Libera!”
Una seconda
potente scarica l'attraversò, facendole contorcere il torso. Questo volta non
ci fu alcuna pausa.
Quella dura
e intensa spinta nei polmoni ritornò immediatamente e continuò... ancora e
ancora.
“Cosa
facciamo adesso?” chiese Trez con voce strozzata.
Oh, beata
Vergine Scriba, stava piangendo.
Trez, Selena pensò a lui. Ti amo...
Trez viveva
e moriva grazie al monitor che mostrava i segni vitali a meno di mezzo metro
dalla testiera del lettino da visita. Un semplice cavo collegava Selena al suo
computer incorporato, e lo schermo mostrava tutti i tipi di informazioni che
non significavano nulla per lui. L'unica cosa che aveva capito, tuttavia, e che
era maledettamente chiara, era che la linea gialla in basso avrebbe dovuto
innalzarsi e scendere a picco a intervalli regolari quando il suo cuore
batteva.
Non andava
su e giù con un chiaro schema regolare … neanche dopo che era impazzito quando
la dottoressa Jane aveva messo quelle placche al centro e al lato del torace di
Selena e aveva inviato tutta quella carica elettrica nel petto dell'Eletta.
Piatto. Era
di nuovo piatto.
Ehlena
continuava a ventilare, le mani stringevano il palloncino azzurro che spingeva
l'aria nella gabbia toracica di Selena. E nel frattempo, Trez fissava quella
linea gialla, sperando che s'innalzasse, che rispondesse a un battito del cuore
di Selena.
“Dannazione,
batti...”
Qualcosa gli
sfiorò il viso e lui sobbalzò indietro - solo per scoprire che Selena lo stava
toccando, la sua pallida mano sottile che si allungava in una serie di
strattoni come se la giuntura fosse arrugginita.
“Selena”
esclamò, abbassandosi in modo che lei non dovesse sforzarsi. “Selena...”
Le baciò il
palmo, le dita, e poi lasciò che gli sfiorasse le guance. I suoi occhi erano di
un azzurro intenso, luminoso, incandescente. E per un attimo, tutto svanì e
nella camera restarono solo loro due, le pareti della sala visite,
l'attrezzatura e il personale, anche il suo amato fratello, tutto scomparve.
Le labbra di
lei cominciarono a muoversi sotto la mascherina di plastica trasparente.
“Va bene, va
bene, va bene.” Non aveva idea di ciò che stava dicendo. “Puoi rimanere con me?
Ti prego, resta qui … non andartene.”
Lei si stava
muovendo, ed era una cosa buona, giusto?
“Selena!”
Merda, i suoi occhi stavano rotolando all'indietro. “Selena...!”
“La stiamo
perdendo!”
Non ci fu
nessun pensiero cosciente in lui. Nell'istante in cui la dottoressa Jane abbaiò
di nuovo quelle tre orribili parole, lui scompose la sua forma fisica e ricoprì
il corpo di Selena con le sue molecole, la sua energia, la sua anima,
circondandola sopra, sotto e tutto intorno. Si gettò dentro di lei, spingendosi
attraverso la pelle, sempre più in profondità, condividendo tutto quello che
aveva nella speranza di poter fare quello in cui il macchinario aveva fallito.
Sperando di
riportarla indietro in qualche modo...
E poi
accadde.
Sicuro che
se Selena avesse allungato le mani e avrebbe afferrato quello che lui aveva da
darle, sentì una stretta vitale aggrapparsi alla sua essenza, accoglierla e
infine prendere da lui.
Proprio
così, pensò. Usami…
“Ho un
battito!” esclamò qualcuno. “Sta respirando!”
Sentì il
commento non come suono, ma come i pensieri degli altri … non ci si soffermò,
però. Troppo presto. Non aveva dato abbastanza.
Eppure tutto
troppo in fretta, la sua forza cominciò a svanire, la sua energia si ridusse in
un flusso, niente fu graduale. Per quanto lui volesse continuare ad aiutarla,
sapeva che doveva ripristinare la sua forma fisica, oppure sarebbe rimasto
sotto forma di vapore, e che era una condanna a morte.
Non fino a
quando lei non ci sarà più, ripeté a se stesso.
E avrebbe potuto
aiutarla ancora, dopo aver…
Trez atterrò
sul pavimento piastrellato come fosse stato spinto verso il basso, tutti colpi
duri e ceffoni. Dal suo punto di vista, diede una lunga occhiata da vicino alle
Crocs rosse della dottoressa Jane, quelle blu di Ehlena, e alle ginocchia di
suo fratello mentre il maschio si accovacciava accanto a lui.
iAm entrò in
azione, senza perder tempo, afferrò Trez sotto i pettorali e lo trascinò fino
alla testa di Selena, sollevandolo quando non riusciva a stare in piedi, in
ginocchio, o anche tenere il busto in verticale.
Nessun
indizio su cosa la dottoressa Jane ed Ehlena stessero facendo, continuavano a
girare attorno al corpo prostrato di Selena con tutti i tipi di attrezzature
mediche…
La porta del
corridoio si spalancò. Manny Manello, il medico umano collega di Jane, era in
abiti civili ed era davvero seccato, come se fosse tornato di corsa dal centro
di addestramento.
Genere
sbagliato. Considerando che Selena era nuda.
Le labbra di
Trez si arricciarono mentre le zanne scendevano di botto, un ringhio si propagò
dalla sua gola.
“Che traffico
lento!” esclamò Manny. “Mi dispiace tanto…”
“Devi
andartene” urlò la dottoressa Jane mentre controllava gli occhi di Selena con
una luce. “A meno che tu non voglia essere morso.”
Quando Manny
gli lanciò un'occhiata tutta sopracciglia, Trez sentì la forza tornare in lui.
E non fu l'unico ad averlo notato. iAm gli strinse le pesanti braccia attorno
al petto.
“Sarò fuori tra
un secondo per un consulto?” chiese la dottoressa Jane al suo collega.
“Ricevuto.”
Manny sollevò una mano per Trez. “Mi dispiace, amico.”
Bisognava
rispettare il tempismo del suo dietrofront, pensò Trez quando il tizio
scomparve.
“Lei ha una
mobilità limitata alle braccia, dalla punta delle dita alle spalle” annunciò
Ehlena dirigendosi alla base del tavolo e afferrò la gamba di Selena. “Anca.
Ginocchio. Caviglia. Stessa situazione.”
“I segni
vitali sono stabili” comunicò la dottoressa Jane. “Voglio un'altra serie di
raggi X non appena sarò sicura che lei resterà con noi.”
Jane guardò
Trez. “L'hai riportata indietro. Le hai salvato la vita.”
Come se
avesse sentito le parole e le avesse comprese Selena lo guardò. Trez aprì la bocca
per rispondere, e non ne uscì nulla. Come qualcuno che si era scollegato dal
mondo, tutto cominciò a sbiadire diventando nero e lui cadde in uno stato di
incoscienza.
L'unica cosa
di cui era conscio? Anche dopo essere scivolato in quel cazzo di limbo?
Il costante bip-bip-bip
del macchinario che monitorava il battito cardiaco di Selena.
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