THE
SHADOWS
Ho
deciso di riproporre come l’anno scorso la traduzione di alcuni capitoli del
nuovo libro della Ward con protagonisti Trez e iAm, fino all’uscita della
traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto
ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai
vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La
traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune
parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in
italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.
CAPITOLO XIII
Il salvatore che liberò Trez dalla sua prigionia si rivelò non essere una persona. E nemmeno un oggetto, in realtà.
La libertà,
quando arrivò, fu per gentile concessione di un banalissimo sfiato situato
nell'angolo superiore destro dell'immensa suite in cui era imprigionato.
Tre notti
prima della sua eventuale fuga, mentre se ne stava supino contemplando il
nulla, un refolo di aria fredda colpì i gioielli sulla sua veste e gli
rinfrescò la pelle. Con la fronte aggrottata, alzò lo sguardo e vide la grata
avvitata nella liscia parete bianca.
Telecamere
di sicurezza di prima generazione spiavano ogni sua mossa, quindi sapeva che
era meglio non mostrare alcuno specifico interesse. Ma questo lo fece
riflettere. Le Ombre potevano smaterializzarsi, e anche trasformarsi in fumo -
il che ti consentiva di percorrere grandi distanze e di rimanere invisibile
quando arrivavi in qualunque posto volessi andare.
Aveva
provato entrambe le modalità diverse volte, e aveva fallito - e in un primo
momento, aveva creduto che l'insuccesso della fuga attraverso il condotto fosse
dovuto a un guasto su questa base.
Ma la notte
successiva, per nessuna particolare ragione, abbassò lo sguardo su quello che
indossava sul suo corpo. Le gemme... le scintillanti pietre preziose che
presumeva fossero incastonate nell'oro. Il metallo era argento colorato. Oro
bianco, sì?
A meno
che... non fosse acciaio inossidabile. Che era l'unica cosa attraverso la quale
i vampiri, anche quelli della razza delle Ombre, non potevano smaterializzarsi.
Lasciò
scivolare lo sguardo dalla camera rivestita di marmo verso la sala da bagno.
Anche quando veniva lavato, quando il suo corpo era purificato attraverso i
rituali... lo addobbavano con zaffiri e diamanti, collari tempestati di gemme
gli ricoprivano il collo, le spalle, i polsi e le caviglie prima di entrare in
acqua. E non appena ne usciva? La cotta di maglia incrostata di gioielli gli
veniva di nuovo serrata addosso.
Chiuse gli
occhi. Perché non l'aveva mai considerato prima?
Gli ci erano
volute le due notti successive, due cicli di alba e tramonto prima che lui
elaborasse un piano. Il programma dell'alimentazione, il lavarsi, l'esercizio
fisico e lo studio non era mai lo stesso, come se fosse volutamente manipolato
sulla mancanza di uno schema, anche l'andirivieni di iAm era allo stesso modo
casuale, per quanto lui non fosse il Prescelto e avesse alcune libertà di
movimento, determinate concessioni per uscire dal palazzo per esercitarsi
o per nutrirsi - sebbene neanche questo fosse scolpito nella pietra.
Durante le
sue deliberazioni, Trez aveva prestato particolare attenzione a non cambiare
nulla riguardo la sua simulazione, il suo atteggiamento, le sue abitudini, ma
nella sua mente c'erano la creazione, la messa a punto, il test per le teorie
sulle complicanze o potenziali difetti.
Aveva
previsto di dover attendere a lungo, ma il momento giusto arrivò
inaspettatamente, per gentile concessione del capovolgimento del vassoio che
recava il suo pasto. Una cameriera era scivolata sul pavimento di marmo appena
lucidato, e il cibo, i piatti e le posate si erano sparpagliati ovunque. iAm,
che era solito aiutare, si era offerto volontario per sistemare il disordine, e
lui e la domestica erano andati in cerca detergenti e ramazze negli armadietti
delle scorte in corridoio.
Chiuse la
serratura della porta nascosta della cella.
Ed ecco
fatto.
Muovendosi
in fretta, Trez si svestì, strappandosi di dosso la maglia fine e le gemme, si
liberò da tutte quelle cerniere, facendo saltare tutti i tipi di fibbie,
cinture, e legacci. Poi, nudo e sanguinante per lo sforzo, chiuse gli occhi e
si concentrò.
La sua ansia
era così intensa che quasi fallì, soprattutto quando sentì le grida provenire
al di fuori della sua porta, la telecamere di sicurezza avevano segnalato i
suoi movimenti con alacrità e precisione.
La
convinzione che questa fosse la sua unica e sola occasione gli diede la forza
per tirare fuori un'altra briciola di energia dalla sua essenza più profonda.
Appena prima
di librarsi nell'aria, s'Ex irruppe attraverso la porta, e tutti chiusero gli
occhi per una frazione di secondo.
Poi salì su
e fuori attraverso il condotto dell'aria.
Puf!
Scivolò
attraverso la conduttura andando controcorrente, sicuro che il flusso d'aria
l'avrebbe portato alle grandi porte esterne. Aveva ragione. Attimi dopo,
schizzò fuori nella notte, salì in alto superando i precedenti confini, così
scioccato di essere riuscito a fuggire che quasi riassunse la forma fisica e
cadde sul tetto del palazzo.
Una rapida
concentrazione del suo ingegno ed era riuscito a scappare, senza una direzione,
alcun piano, niente rifornimenti, né soldi.
Ma la
libertà non aveva prezzo... e che infine l'avrebbe portato a incrociare la
propria strada con quella di un vampiro che avrebbe cambiato la direzione della
sua vita…
“Trez?
Amico?”
Trez si
risvegliò dal suo sonno come era uscito da quella conduttura, e per un frazione
di secondo, non ebbe una cazzo d'idea di dove si trovasse.
Un istante
dopo, però, un paio di occhi color ametista direttamente davanti al suo volto
riportarono tutto alla mente: il centro di addestramento, Selena, il presente,
non il passato.
“Selena…”
Rehvenge
alzò una mano. “Ehi, rilassati. Hanno quasi terminato di lavarla.”
“Le stanno
facendo il bagno...” Trez si strofinò il volto e si guardò intorno, e notò un'
intera parete di cemento.
Cristo, era
così esausto che era crollato nel corridoio fuori dalla sala visite nei quattro
virgola due secondi che gli ci erano voluti per piazzare il culo a terra e
prendere un respiro profondo.
Rehvenge
grugnì mentre si appoggiava al bastone per abbassarsi sul duro pavimento di
cemento. Allungando le gambe, raccolse la pelliccia di visone che lo copriva
fino ai piedi intorno alle cosce, anche se la temperatura non era più bassa di
venti gradi.
“La mia
Ehlena mi ha chiamato.” Rehv diede a Trez un'occhiata veloce e, dalla sua
espressione tesa, non gli piacque quello che vedeva. “Sarei arrivato qui prima,
ma avevo da fare su a nord.”
“Come stanno
i tuoi coloni? Ancora psicopatici?”
“Tu come
stai?”
“Alla
grande, Vostra Maestà.”
“Non cercare
di fottermi, va bene?”
“Mi
dispiace.” Trez lasciò ricadere la testa contro il muro freddo. “Non sono al
mio meglio.”
Rehv diede
uno sguardo alla porta chiusa della sala visite. “Dov'è iAm?”
“Nello
spogliatoio. Credo che sia andato a farsi una doccia.”
“Sapevo che
sarebbe stato quaggiù con te.”
“Già.”
Ci fu un
attimo di silenzio. Poi Rehv esclamò: “Da quanto tempo ci conosciamo?”.
“Un milione
di anni.”
Il mangiatore
di peccati rise forte. “Sembrano tanti sul serio.”
“Già.”
“Allora
perché non me ne hai parlato?”
“A proposito
di...?” Quando Rehv inarcò un sopracciglio, Trez si lasciò sfuggire un respiro
spezzato. Naturalmente l'amico voleva sapere di Selena e del legame che si era
creato. “Guarda, non volevo saperne niente di quel che provo per lei. Volevo
solo... merda, sai come mi comportavo con le puttane. Cosa cavolo avrei da
offrire a qualcuno come un'Eletta? Ma ora succede questo. E che cazzo, tutto
quel tempo sprecato. Non che saremmo stati insieme necessariamente, ma... forse
avrei potuto aiutarla. Oppure...”
Anche se,
stando a quello che l'altra Eletta aveva detto, sembrava che la malattia o il
disturbo, o qualunque cazzo di cosa fosse, avrebbe seguito il suo corso
indipendentemente da tutto ciò che ognuno di loro avesse fatto.
“Ho avuto qualche
esperienza di questo tipo” mormorò Rehv. “Quando ho conosciuto Ehlena, lei non
sapeva che ero un mezzo mangiatore di peccati, tanto meno l'erede al trono dei symphath.
Di sicuro non avevo alcuna fretta di parlarle di quella merda, ma non era che
potessi nascondere i segni sulle braccia, o i miei impulsi, oppure chi io
fossi. Ero un magnaccia, facevo lo stesso lavoro che adesso fai tu. Non
esattamente una bella notizia da portare a casa della piccola femmina. Ho
combattuto finché ho potuto, e quando la verità è saltata fuori... Sapevo che
mi avrebbe lasciato. Ne ero sicuro. Per un po' è stata lontana e non potevo
fare a meno di amarla comunque. E come è andata a finire? Ha funzionato.”
Trez avrebbe
voluto trarne un po' d'ispirazione. “Selena sta per morire.”
“Forse.
Forse no. Senti, io non sono fan della mia sottospecie, ma abbiamo parecchie
competenze in diversi campi su a nord. Fammi vedere se riesco a trovare qualcosa.”
Trez voltò
la testa e fissò l'amico. “Non devi…”
“Smettila.”
Trez dovette
distogliere lo sguardo. “Non farmi piangere. Odio sentirmi come una
femminuccia.”
“Tu faresti
lo stesso per me.”
“Mi hai già
salvato una volta.”
“Preferisco
pensare ci siamo salvati a vicenda.”
Trez pensò
alla notte in cui si conobbero. Il come e il dove, in quello chalet sulla
montagna, che era stato il primo edificio in cui Trez si era imbattuto quando
finalmente aveva ripreso forma fisica... era anche lo stesso chalet dove Rehv
doveva compiere il proprio dovere con l'orrenda Principessa symphath che
lo ricattava.
Trez vi si
era appena rifugiato quando Rehv era arrivato e aveva scopato la puttana in
piedi un paio di volte. Una volta terminato, lei lo aveva ha lasciato distrutto
sul pavimento, il veleno che impregnava la pelle di quella stronza aveva messo
al tappeto Rehvenge.
Occuparsi
del ragazzo gli era venuto naturale.
E in cambio?
Lui e il bastardo dagli occhi viola erano diventati come fratelli. Al punto
che, quando iAm uscito dal Territorio, loro tre erano andati a vivere insieme,
la lealtà di Trez e la gratitudine vincolavano lui e suo fratello al mangiatore
di peccati.
Se c'era una
cosa che sapeva su Rehvenge dopo tutti questi anni, era che lui era un maschio
di valore. A dispetto di essere un magnaccia e proprietario di un club, un
degenerato e un reprobo, uno dal cuore malvagio, un sadico figlio di puttana...
lui era, e sarebbe sempre stato, uno dei più bei maschi che Trez avesse mai
conosciuto.
“Allora io
vado” esclamò Rehv.
Con un nuovo
grugnito, il maschio si alzò in piedi e, quando fu in verticale con la
pelliccia visone che sfiorava il pavimento grezzo del centro di addestramento,
si schiarì la gola e non ha guardò Trez. Non fu una sorpresa, né una novità.
Neanche Trez se la cavava bene con le emozioni intense.
“Grazie”
disse brusco Trez.
“Risparmiati
la gratitudine per dopo se riuscirò a portarti qualcosa che ne valga la pena.”
“Non sto
parlando di questo.”
Rehv si
chinò, offrendogli la mano con cui brandiva il pugnale. “Tutto ciò che ho è
tuo.”
Trez dovette
battere le palpebre più volte. Poi si passò la mano sugli occhi. “La tua
amicizia è tutto ciò di cui ho bisogno, amico mio. Perché non ha prezzo, cazzo.”
Quando iAm
uscì dallo spogliatoio maschile, si diede una veloce occhiata per assicurarsi
che i bottoni della camicia fossero allacciati correttamente. La doccia era
durata solo cinque minuti, al massimo, ma l'acqua era ghiacciata, e adesso gli
sembrava di avere maggiore lucidità.
Difficile
dirlo con il cervello che gli friggeva in quel modo.
Si fermò e,
quando alzò gli occhi, vide Trez e Rehv che si stringevano la mano. Per qualche
ragione, quel momento di tranquillità tra i maschi lo portò di nuovo alla notte
in cui Trez era fuggito.
Così strani
i percorsi che la vita incrociava quando meno te lo aspettavi.
Rehv sollevò
lo sguardo non appena le mani si separarono. “Ehi, iAm.”
“Ehi, amico.”
Come se si
trovassero a una specie di funerale, i due si incontrarono a metà strada e si
scambiarono un abbraccio maschile con pacche sulle schiene scosse dalle troppe
emozioni nell'aria. Un attimo dopo, Rehv se ne andò senza voltarsi indietro, a
grandi passi giù in ufficio, il visone che fluttuava dietro di lui, il bastone
rosso che batteva con forza sul pavimento per mantenere l'equilibrio.
“Sono contento
che sia venuto” disse iAm, guardando la porta chiusa della stanza visite.
Immaginò che si stessero ancora occupando della pulizia di Selena.
Che cazzo di
notte. Giorno. Qualunque cosa fosse.
“Già.”
iAm
controllò l'orologio. Bene, cavolo. Erano le 20:00. Il tramonto era passato da
un pezzo. Stavano lì da, tipo, più di dodici ore di fila.
“Allora, hai
intenzione di dirmi cosa ti gira per la testa?”
iAm lasciò
cadere il braccio e guardò suo fratello. “Di cosa stai parlando?”
“Andiamo,
amico.” Trez imprecò in tono esausto. “Credi che non riesca a leggere dentro di
te come un libro aperto? Sul serio?”
iAm fece
avanti e indietro un paio di metri. Tornò. Ricominciò daccapo.
“Un'altra
bella notizia, eh?” mormorò Trez.
“Già.”
“Sputa il
rospo. Almeno uno di noi si sentirà meglio.”
“Ne dubito.”
“Questo
schifo come può peggiorare?”
“La regina
ha partorito.”
“E?”
“Non è lei.”
Trez chiuse
gli occhi e parve infossarsi nella sua stessa pelle. “Incredibile tempistica.”
“È il motivo
per cui s'Ex ti cercava. Ha chiamato me quando non hai risposto e, già, eccoti
qui.”
Trez esalò. “Sai
qual è la mia fantasia? Non è porno. È una buona notizia. Per una volta nella
mia fottuta vita, mi piacerebbe avere una buona notizia.”
“Sono in
lutto.” Quando Trez si limitò a scuotere la testa, iAm si sentì precipitare di
nuovo all'inferno. “Abbiamo una settimana, e poi...”
“E poi
rivorranno indietro il loro dildo vivente che respira, eh?”
Quando Trez
fissò lo sguardo sulla porta chiusa della sala visite, sembrò invecchiare di
colpo davanti agli occhi di iAm, la pelle del viso sembrava sciogliersi dalla
struttura ossea al di sotto, gli angoli degli occhi scivolavano verso il basso,
la bocca cadente.
“Trez…”
“Di' a s'Ex
che voglio incontrarlo. Ma non ora. Non posso andarmene adesso perché...”
“Non stai
davvero pensando di tornare indietro, vero?”
Lo sguardo
di Trez non abbandonò la porta chiusa.
“Trez.
Rispondimi. Non stai pensando di tornare indietro.”
Quando il
silenziò si estese, iAm si lasciò scappare un'imprecazione. ‘Trez? Ci sei?”
“Devo
incontrare s'Ex. Ma dovrà accadere dopo...” Trez si schiarì la gola. “Già.
Dopo.”
iAm annuì,
perché cos'altro poteva fare? Non si poteva biasimare il ragazzo per questo
tipo di priorità.
Purtroppo,
la s'Hisbe non sarebbe stata così comprensiva. Ma era qui che iAm entrava in
scena. Non avrebbe permesso a nessuno di imporsi su suo fratello mentre quella
merda di situazione con Selena era ancora in corso.
Non gli
importava quello che avrebbe dovuto fare: Trez sarebbe stato libero di
prendersi cura della sua femmina.
Fanculo la
Regina.
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