THE
SHADOWS
Ho
deciso di riproporre come l’anno scorso la traduzione di alcuni capitoli del
nuovo libro della Ward con protagonisti Trez e iAm, fino all’uscita della
traduzione italiana della mondo libri.
Aspetto
ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai
vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La
traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune
parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in
italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.
CAPITOLO XIV
“No, la
tengo io, grazie.”
Nel
rispondere, Trez fece un sorriso a Ehlena perché non voleva che l'infermiera si
offendesse mentre la allontanava. Ma la verità era che lui era ben più che
pronto a portare Selena fuori dalla sala visite. Voleva portarla fuori dal
centro di addestramento. Via... da qualche parte, in qualsiasi altro posto.
Anche se
quel momento era ancora lontano. Appena due ore prima il suo battito si era
spento, le avevano scaricato nel torace un miliardo di watt di energia elettrica,
e in qualche modo lei era riuscita a ritornare dal baratro grazie a lui e a
tutta la trafila del trasformarsi in una coperta vivente, soffiandole la
vita nell'anima.
Oh, beh, era
solo un altro giorno.
O era notte?
Chi cazzo lo
sapeva.
“Sei pronto?”
gli chiese Selena.
Era una roba
tipo paesaggio da fiaba quando lei lo guardò negli occhi e lui annuì con la
testa. Non avrebbe mai creduto possibile una ripresa - o il fatto che il corpo
di lei si fosse piegato nel modo corretto mentre lui la sosteneva sotto le
ginocchia e per le spalle.
“Sarò...
delicato.” Quando la sua voce si incrinò, si sarebbe preso a calci in culo da
solo. “Sarò gentile e mi muoverò lentamente.”
Lei annuì di
nuovo e rimase a bocca aperta quando Trez la sollevò dal lettino visite e la
allontanò dal fascio di luce della lampada scialitica, che era stata abbassata
vicino al suo corpo.
“Da che
parte?” chiese di nuovo lui, anche se gli era già stato detto due volte.
Ehlena, che
era incaricata di tenere la flebo, li condusse a una porta. “Di qua.”
In fondo, la
sala di terapia intensiva non conteneva nulla che lui desiderasse per la sua
femmina. Il letto era come quello di un ospedale, con grandi sponde di
contenzione su entrambi i lati, le coperte erano sottili, le lenzuola semplici
e bianche. C'era un'asta a cui agganciare la flebo e un sacco di
apparecchiature di monitoraggio. I cuscini sembravano duri.
D'altronde,
lui avrebbe voluto posarla su un letto di piume fatto a mano e perfino quello
sarebbe stato inadeguato.
Selena
rabbrividì mentre lui la metteva giù con attenzione. E poi, quando Trez cercò
di sfilarle le coperte da sotto il corpo, lei chiuse gli occhi e scosse la
testa.
“Solo un
minuto?” gemette Selena, come se tutto le dolesse.
“Già.
Sicuro. Naturalmente.”
Ehhhh ora
lui non aveva niente da fare. Guardandosi intorno, adocchiò una sedia e
immaginò il proprio culo lì sopra, così non le sarebbe stato troppo addosso.
Mentre si
sedeva, ed Ehlena li lasciava soli alla ricerca di un minuscolo momento di
pace, lui pensò, Merda, Selena era così immobile. Ma almeno le sue
articolazioni avevano un’angolazione quasi normale, respirava da sola ed era
cosciente.
Era ancora
molto pallida, però. Il viso aveva quasi il colore delle lenzuola. E anche se i
suoi capelli erano stati pettinati, c'erano ancora dei nodi nella capigliatura
scura.
“Mi...
dispiace...”
“Che cosa?”
esclamò lui, sporgendosi in avanti. “Cosa hai detto?”
“Mi
dispiace...”
“Per cosa?
Gesù, come se ti fossi offerta volontaria per questo!”
Quando lei
iniziò a piangere, lui abbandonò la sedia, si avvicinò al letto e le si
inginocchiò accanto. Raggiungendola, abbassò la sponda e prese la mano che era
più vicina a lui.
“Selena, non
piangere.” C'era una scatola di Kleenex sul comodino di fianco al letto e lui
mollò la presa per tirarne fuori uno e asciugarle le guance. “Oh, no, non
scusarti. Non puoi scusarti per una cosa simile.”
La sua
respirazione era irregolare. “Io non volevo che tu lo sapessi. Non volevo che
ti... preoccupassi.”
“Vorrei che
me lo avessi detto.”
“Non si può
fare nulla.”
Okay, questa
era proprio una coltellata tra le fottute costole. “Non lo sappiamo. Manny sta
per consultarsi con alcuni dei suoi colleghi umani. Forse…”
“Ti amo.”
Le sue
parole lo colpirono come uno schiaffo in pieno viso e Trez tossì, rimase a
bocca aperta, farfugliò e ansimò allo stesso tempo. Grande risposta. Davvero
virile, cazzo - il che gli ricordava,
assurdamente, di quel distorsore vocale in Ferris Bueller mentre lo
stronzetto era al telefono con i suoi compagni di classe.
Quale
diavolo era il suo problema? La femmina di cui era innamorato, quella che
voleva più di ogni altra cosa al mondo, gli aveva detto le Tre Paroline
Magiche... e lui si era trasformato in un gigantesco ammasso di funzioni
fisiche.
Davvero
romantico.
Beh, almeno
non si era sciolto nei suoi Levi's.
“Io...”
balbettò.
Prima che
potesse aggiungere altro, lei gli strinse la mano e scosse la testa avanti e
indietro sul cuscino. “Non devi dirmelo anche tu. Volevo solo che tu lo
sapessi. Per me è importante... che tu lo sappia. Non c'è tempo…”
“Non dire
così.” La sua voce si fece stridula. “Ho bisogno che tu non lo dica mai più.
C'è tempo. C'è sempre tempo…”
“No.”
Dio, i suoi
occhi azzurri erano antichi mentre lo fissava. Anche nel suo viso perfettamente
scolpito, che irradiava bellezza nonostante la condizione, quel suo sguardo
esausto la faceva sembrare vecchia.
Era tutto
così ingiusto. Selena in quel letto, lui in ginocchio… e nessuna possibilità di
poter condividere con lei la salute che lui aveva in abbondanza. Certo, quando
era in arresto cardiaco Trez era stato in grado di riportarla indietro, ma lui
non voleva semplicemente trascinarla via dal baratro. Voleva curarla.
Voleva...
avere degli anni da trascorrere con lei.
Eppure,
proprio mentre il pensiero lo colpiva, si rese conto che non sarebbe mai
accaduto: anche se il destino di lei fosse cambiato, il suo non lo avrebbe
fatto.
“Ti amo...”
mormorò Selena.
Per un
attimo, fu lui a sentirsi sull'orlo del precipizio, il cuore e l'anima
vacillanti e in procinto di sprofondare nelle sue parole, nei suoi occhi, in
tutto ciò che la rendeva femmina, misteriosa e meravigliosa... ma poi si disse
che era quasi morta, al massimo era a malapena cosciente, e probabilmente non
aveva idea di quello che gli stava dicendo.
Inoltre la
dottoressa Jane aveva annunciato che lui le aveva salvato la vita. Il che
poteva essere vero o meno … ma, data la tragedia, la gratitudine poteva far
provare a chiunque qualcosa che non avrebbe sentito normalmente.
O forse
alimentava le fiamme dell'affetto trasformandolo in un'emozione improvvisa
molto più forte.
“Non devi
dirlo anche tu” sussurrò lei. “Ma avevo bisogno che tu lo sapessi.”
“Selena, io…”
Alzò l'altra
mano, con il palmo in avanti. “Non c'è bisogno di andare oltre.”
Il silenzio
rimbombò ma solo nella stanza. Nella sua scatola cranica? Il suo cervello era
un cavo ad alta tensione sottoposto a spasmi, tutti i tipi di pensieri e
immagini gli scorticavano la coscienza come se la sua materia grigia fosse
diventata una scimmia che lanciava escrementi per tutta la gabbia.
Concentrandosi
di nuovo su lei, disse a se stesso darsi una mossa e provare ad aiutarla.
“Ti andrebbe
di nutrirti?” Sollevò la mano libera, mostrandole il polso. “Per favore?”
Quando lei
annuì fu un immenso sollievo, lui si morse la carne con le proprie zanne prima
che distendere il braccio fino a portare la vena alla bocca di Selena. In un
primo momento lei si attaccò a malapena, bevendo a piccoli sorsi. Col tempo,
però, assunse il controllo succhiando da lui, prendendo quello che aveva da
darle dal profondo.
Gli venne
duro.
Non poteva
evitarlo. Ma non era desiderio sessuale. Era troppo distratto dalla
preoccupazione per lei, mentre si domandava se, da un momento all'altro, il suo
corpo cedesse di nuovo.
Selena era
stabile, aveva detto la dottoressa Jane. Lei era stabile come chiunque poteva
esserlo dopo centoventi minuti di totale collasso molecolare. Almeno la seconda
serie di raggi X aveva qualcosa di miracoloso. Mentre nei primi c'erano ossa in
quelle che dovevano essere le parti mobili delle sue articolazioni. Ora, sia
secondo la dottoressa Jane che Manny, le cose erano più "anatomicamente
appropriate."
Nessuno
sapeva dove quella robaccia fosse andata a finire. O perché fosse sparita.
Oppure, quando sarebbe tornata. Quello che sapevano di sicuro era che dove non
c'era stato più alcun movimento, adesso c'era.
Dopo un bel
po', le labbra di Selena si rilassarono e le palpebre si socchiusero. Ritraendo
il braccio, lui si leccò le ferite chiudendo i fori, addossò l'avambraccio sul
materasso e vi appoggiò il mento sopra.
“Come hai
fatto a trovarmi?” chiese lei con voce assonnata. ‘Sono caduta quando ero al
Santuario...”
“Qualcuno è
venuto a prendermi.”
“Chi...?”
La Vergine
Scriba, pensò lui mentre lei russava lievemente.
“Selena?”
“Sì?”. Lei
provò a scuotersi, sollevò la testa e costrinse gli occhi ad aprirsi. “Sì...?”
“Voglio che
tu sappia una cosa.”
“Prego.”
“Non importa
cosa accadrà, io non ti lascerò. Se mi vuoi con te, non importa... come andrà a
finire, io resterò al tuo fianco. Se vuoi che io ci sia, allora ci sarò.”
Selena
lasciò scivolare lo sguardo sul suo volto. “Tu non sai di cosa stai parlando…”
“Col cavolo
che non lo so.”
“Sto
morendo.”
“Anch'io, ma
non so quando accadrà, e nemmeno tu.”
Nei suoi
occhi luminosi brillò una complessa emozione. “Trez. Ho visto le mie sorelle vivere
la malattia. Lo so cosa…”
“Tu non sai
un cazzo. Con il dovuto rispetto.”
Trez si alzò
e andò ai piedi del letto. Sfilò lenzuola e coperte dal materasso, guardò sotto
ai suoi piedi.
“Cosa stai facendo?”
Con una mano
gentile, lui inclinò una delle sue caviglie in modo da poter guardare la pianta
del piede. “Non c'è.”
“Scusami?”
“Non vedo
alcun timbro con la data di scadenza qui sotto.” Fece lo stesso con l'altro
piede. “Neanche qui.”
Rimise le
coperte a posto. Le rimboccò. Fissò il corpo di lei … e cercò di sfuggire al
fatto che la sua carne che lui bramava con ogni probabilità poteva essere
quello che li avrebbe separati per sempre.
Poi si
ricordò della notizia iAm che gli aveva dato nel corridoio.
Merda, come
se non avesse abbastanza rogne di suo.
“Io non ti
lascerò” le promise.
“Non volevo
parlarti di tutto questo.” I suoi occhi si inumidirono, le lacrime
trasformarono quelle iridi azzurre in pietre preziose. “Non volevo che tu lo
sapessi e mi compatissi.”
“Non ti
compatisco.”
“Non fare
questo a te stesso, Trez. Solo... sappi solo che ti amo e lasciami andare.”
Lui tornò da
Selena. “Posso avere la tua mano?”
Quando lei
si girò rigidamente sul letto e allungò il braccio, lui le prese il palmo e se
lo mise tra le gambe, sulla dura erezione che premeva contro la patta. Il
contatto lo fece sibilare, le zanne discesero in fretta, ruotò il bacino.
“Questo ti
sembra pietà?” disse lui a denti stretti.
Cazzo, lui
dovette fare un passo indietro. Aveva fatto quel gesto esplicito solo per
dimostrarle il suo punto di vista, invece si ritrovò pronto a venire, il suo
corpo che passava da zero a sessanta in un nano secondo.
“Trez...”
“Non sto
dicendo che dobbiamo fare sesso. Per niente. Ma non sono qui perché ti
compatisco, okay?”
“Io non
posso chiederti di restare.”
“Tu no. Io
posso scegliere di farlo. Io posso scegliere... te.”
Mentre
diceva quelle parole, si rese conto che, porca puttana... era vero. Per una
volta nella sua vita, si sentiva come se stesse scegliendo qualcosa - e in un
modo strano, ma bello. Anche se la situazione era davvero una roba triste, si
sentiva liberato del tutto, Questa è la mia scelta.
Questa…
situazione... era qualcosa che avrebbe avuto la priorità su tutto per quanto
fosse durata, dovunque li avrebbe condotti.
Supponendo
che Selena lo volesse con lei.
Nel silenzio
che seguì, lui si guardò intorno, vide le pareti nude e seppe di doverla
portare fuori da quella stanza d'ospedale. Certo, si trovava vicino al
personale medico qualora avesse avuto problemi, ma ti metteva in uno stato
d'animo da schifo, era un
deprimente Tu Sei Malato.
Trez si
concentrò di nuovo su di lei. “Qualunque cosa ti serva, io sono qui per te, va
bene? Se mi vuoi.”
Dopo un
momento, lei gracchiò: ‘Ti voglio”.
“Va bene,
allora.” Trez lasciò andare un respiro veloce, poi alzò l'indice. “Solo una
cosa. Nessuna data di scadenza, d’accordo? Affronteremo questa cosa come se tu
potessi vivere per sempre.”
L'incredulità
si dipinse sul viso di Selena, ma lui si limitò a scuotere la testa. “No. Questa
è la mia regola numero uno.”
Trez non era
stupido. Aveva ascoltato quello che quello che l'altra Eletta aveva detto
guardando i raggi X e osservando la posizione del corpo. Lui sentiva dentro di
sé che stava per perderla e che, molto probabilmente, sarebbe successo presto.
Ma lui che regalo poteva farle? La cosa più importante - diamine, forse l'unica
cosa - che lui poteva donarle?
La speranza.
E lui non
aveva bisogno di credere che lei dovesse essere curata per sentirla, per
condividerla o per viverla.
Essere
presente. Amarla fino alla fine. Non lasciare mai il suo fianco fino all'ultimo
respiro.
Era così che
l'avrebbe onorata con il suo cuore e la sua anima, anche se lui non ne era
degno.
“Nessuna
data di scadenza” esclamò lui. “Viviamo ogni notte come se ne avessimo ancora
un migliaio da vivere.”
Selena batté
le palpebre allontanando altre lacrime. Sotto molti aspetti, non poteva credere
che Trez si trovasse ai piedi del suo letto d'ospedale, che scrutasse nella sua
anima con l'unico intento che solo la sua volontà riuscisse a tenerla in vita e
in buona salute per tutto il tempo che lui desiderava.
“Non credo
che abbiamo un migliaio di notti, Trez” gli disse.
“Come lo
sai? Ne sei sicura?”
“No, ma…”
“E allora
perché sprecare anche solo un attimo del tempo a nostra disposizione nel
pensarla in quel modo? Cosa ce ne entrerebbe? Scherzi a parte, come posso
aiutarti a…”
“Vuoi venire
a letto con me?”
Lui si
schiarì la gola. “Sei sicura?”
“Sì. Ti
prego.”
Lei ammirò
l'agilità con cui lui si mosse, mentre si issava sull'alto materasso, si spostò
all'altro lato, aiutandola a fare un po' di spazio per lui. E come se lui le
leggesse nella mente, se la sistemò tra le braccia così che la sua testa si
appoggiasse al suo torace.
Sospiri.
Esausti.
Da parte di
entrambi.
“Mi sento
sollevata” sentì se stessa dire. “Volevo che lo sapessi, ma...”
“Shh. Hai
bisogno di dormire.”
“Sì.”
Chiudendo
gli occhi, lei poteva percepirlo in una dimensione differente ora, il suo
sangue si faceva strada dentro lei e nel suo sistema, rafforzandola dopo
l'episodio. Nella sua mente, lei calcolò con esattezza quando si era verificato
l'ultimo arresto. Tredici notti prima. Quello precedente? Sedici.
Ma forse, se
non avesse più offerto la sua vena a nessuno, avrebbe avuto più di una tregua.
E forse la forza che lui le aveva appena donato attraverso il suo sangue
l’avrebbe aiutata a combattere anche tutte le successive crisi.
“Mi sono
allontanata” gli disse, “a causa di tutto questo. Non a causa tua. Non mi
importa del tuo passato. Voglio solo che tu lo sappia.”
Trez
cominciò a strofinarle la schiena, facendo cerchi con il suo grosso palmo. “Shh.
Prova solo a riposare.”
Selena
sollevò la testa. ‘Questo devi lasciatemelo dire. Devi ascoltarlo e devi
crederci. So che tu volevi tenermi fuori dalla tua vita perché pensavi che
io... ti giudicassi o qualcosa del genere. Ma io mi sono allontanata a causa di
tutto questo, non perché sei stato con un sacco di... umane. E neanche a causa
del tuo fidanzamento.”
Trez chiuse
gli occhi e fece una smorfia. Poi scosse la testa. “Devo essere onesto con te.
L'ultima cosa a cui voglio pensare adesso è…”
“Io non
credo che tu sia impuro, Trez.”
“Ti prego. Smettila.”
Gli prese la
mano e la strinse, cercando di mettersi in contatto con lui, sentendo il
desiderio di dirgli tutto in una volta, di mettere le carte in tavola. La sua
teoria sull’avere migliaia di notti a disposizione era un buon intento per la
sua salute mentale … e lui era giunto alla sua stessa conclusione: non c'era
una data o un tempo di scadenza su di lei. Ma lei aveva vissuto in questa
realtà dal primo episodio che era avvenuto molti decenni prima, e il suo
percorso per la sopravvivenza era come quello di un'auto che andava fuori
strada e scivolava in un fosso.
Non c'era
possibilità di sopravvivenza a questo.
“Devo
dirtelo, Trez. Ho aspettato davvero tanto prima di parlarne con te. Non voglio
perdere la mia opportunità.”
Vagamente,
Selena si accorse che stava parlando con più enfasi, sentendosi di più se
stessa, recuperando sempre più grazie al dono della sua vena.
“Tu sei un
uomo di valore, e credo di essermi innamorata di te la prima volta…”
Trez schizzò
fuori dal letto e, per un istante, lei pensò che stesse per andarsene via,
uscire dalla porta e allontanarsi da lei e dalla sua stupida malattia. E per un
momento, lui si fermò davanti all'uscita.
Ma poi
cominciò a camminare in tondo per la stanza.
“Perché per
te è così difficile da accettare?” chiese Selena ad alta voce. “Che sei un
brav'uomo. Che vali…”
“Selena, non
sai di cosa stai parlando.”
“Ti stai
aggirando in questa stanza come sei fossi braccato. Quindi sono abbastanza
sicura di saperne qualcosa.”
Trez si
fermò e scosse la testa. “Guarda, questo riguarda te. Questo...” Lui agitò la
mano avanti e indietro tra di loro. “Tutto questo riguarda te. Io sono qui per
te e per le tue esigenze, qualunque esse siano. Noi faremo in modo di tenermi
fuori da questo, va bene?”
Selena si
spinse più in alto sul cuscino. Lo sforzo sui suoi gomiti e sulle sue spalle le
fece stringere i denti e dovette riprendere fiato come se il dolore si
prendesse con calma il suo tempo per dissolversi.
Ma era
meglio che essere rigida e paralizzata.
Quando lui
strinse gli occhi della preoccupazione, lei gli disse: “No, non ho bisogno
della dottoressa Jane. Davvero”.
Mentre lui
si strofinava la faccia, lei lo guardò attentamente per la prima volta. Aveva
perso un po' di peso negli ultimi tempi, le guance erano talmente scavate che
la mascella appariva ancora più pronunciata, gli occhi più infossati nelle
orbite, le labbra apparivano più piene. Eppure anche così, era un enorme
maschio della specie, con le spalle tre volte più grandi delle sue, il petto e
l'addome scolpiti, le fasce di muscoli che scendevano sulle braccia e sulle
gambe.
Era
bellissimo. Dalla sua pelle scura agli occhi neri, dalla sommità della testa
rasata alle suole dei suoi stivali.
“Sei davvero
un maschio di valore” mormorò lei. “E dovrai accettarlo.”
“Oh, davvero”
fu la sua replica ironica. “Non sono così sicuro di…”
“Smettila.”
Trez la fissò
e poi aggrottò la fronte. “Sai, io non sono sicuro del perché stai ancora
parlando di questo argomento. Senza offesa, ma tu sei quasi morta in
quell'altra stanza. Tipo, quanto tempo fa? Mi sembra dieci minuti. La mia merda
non è importante adesso.”
Selena
guardò il proprio corpo. Indossava un camice da ospedale azzurro con un disegno
a spirali blu. Era legato sulla schiena e sentiva i nodi che le mordevano i
punti in cui avrebbe dovuto esserci il suo reggiseno se avesse indossato uno, e
più in basso, uno piccolo in fondo alla schiena.
Le sembrava
strano pensare che le cose nel suo corpo funzionassero con una relativa
normalità adesso. E la realtà che loro non sarebbero riusciti a mantenere
questa funzionalità per molto, portò una straordinaria nitidezza.
“Sai”
mormorò lei, “non ho mai considerato il fatto che ci potrebbe essere un aspetto
positivo nel soffrire di una malattia mortale.”
“E quale
sarebbe?” chiese cupo Trez.
Lei spostò
lo sguardo verso di lui. “Non ti spaventa dire le cose come sono realmente.
L'onestà può essere terrificante, a meno che tu non abbia qualcosa di più spaventoso
contro cui misurarti… come la prospettiva di morire. Quindi ti dirò
precisamente perché io penso che la tua 'merda', come la chiami tu, è
importante. Qualunque cosa ti guidi, qualunque cosa lo stia causando” - lei
fece un cenno circolare che comprendeva tutto il corpo di Trez - “o che abbia
causato quel vuoto dentro di te? Penso che tu abbia usato tutte quelle donne
per sfuggire a quello. Penso che ti sia scopato quelle umane per tutti quegli
anni come distrazione e il fatto che tu non voglia riconoscerlo? Mi preoccupa
che tu potresti usarmi come una distrazione ancora più grande, il modo migliore
per evitare te stesso. Cosa potrebbe esserci di più seducente o efficace,
se tu non vuole affrontare i tuoi problemi, di una certa femmina affetta da una
malattia mortale?”
“Gesù
Cristo, Selena, non la penso così. Affatto…”
“Beh, forse
dovresti.” Lei inclinò la testa, un'altra conclusione la colpi come una
tonnellata di mattoni. “E ti dirò un'altra verità. Se avessi a disposizione un
migliaio di notti o solo due? Voglio viverle con te - ma solo in modo onesto.
Non voglio essere la tua nuova scusa, Trez. Ti voglio qui, ti voglio con me, ma
ho bisogno che questa cosa che c'è tra noi sia reale. Non ho l'energia o il
tempo per qualcosa di meno.”
Nel lungo
silenzio che seguì, lei aspettò la sua risposta. Ma non importava quanto le
cose fossero diventate imbarazzanti, lei non avrebbe ritrattato una singola
parola.
Aveva detto
esattamente quello che aveva in mente.
In realtà,
fu davvero liberatorio.
Nessun commento:
Posta un commento